I Partiti e i Leader Politici che Investono di Più su Meta

Dopo aver analizzato la presenza su Facebook nel 2021 dei principali leader politici: Berlusconi, Calenda, Conte, Letta, Meloni, Renzi e Salvini, e quanto, e come, si è parlato dei sette leader di partito in questione, proviamo a chiudere il cerchio con la desk research su quanto, e come, partiti e leader politici hanno investito in pubblicità su Facebook e Instagram.

I dati sono relativi al periodo che va dall’aprile 2019, quando Facebook sull’onda dello “scandalo” di  Cambridge Analytica decise di rendere disponibili pubblicamente quali siano le inserzioni pianificate e, per quanto riguarda le campagne politiche, istituzionali e sociali, anche l’investimento sostenuto, al 2 gennaio 2022. I dati dei dieci top spender sono il risultato della somma dei vari profili pubblicitari come nel caso, ad esempio, degli investimenti sostenuti da Lega Salvini Premier, dal partito, e da Matteo Salvini, il suo leader come noto.

Sono proprio Salvini e il suo partito coloro che hanno investito la maggior somma in advertising su Meta. Poco meno di 520mila euro. Importo al quale, se si sommano anche gli investimenti di Severino Nappi e Lucia Borgonzoni, entrambi leghisti e tutti e due tra i dieci maggiori investitori politici, arriva a sfiorare i 690mila euro in ventidue mesi. Pari ad una media mensile superiore a 31mila euro, e oltre il doppio di quanto investito dal Partito Democratico, secondo per livello di spesa pubblicitaria.

Appena al di sotto del PD troviamo “il senatore di Firenze“, e il suo partito con più di 271mila euro investiti. Se si considera che, stando agli ultimi sondaggi disponibili, il partito di Renzi si attesterebbe poco sopra il 2% contro circa il 20% della Lega e il 22% del PD, si capisce ancora meglio quale sia il livello di pressione pubblicitaria fatta da Renzi e dai suoi.

Non trascurabile in confronto alla dimensione del consenso potenzialmente raccolto anche il livello di investimento di Gianluigi Paragone, che si attesta a oltre 105mila euro, più del triplo delle donazioni ricevute dal suo partito. Inferiore a quello di Paragone l’investimento di Forza Italia e del suo leader. Ma del resto Berlusconi ha altre leve per fare pressione con la propria comunicazione.

Per contro sostenuta la spesa della sua alleata, Giorgia Meloni, così come quella di Carlo Calenda, che tra le altre cose deve sopperire ad un problema di notorietà, essendo il leader di partito meno conosciuto dagli italiani, stando ai dati di Demos&PI per Repubblica.

Infine, per quanto riguarda il livello di investimento pubblicitario, si segnala come né il Movimento 5 Stelle né i suoi principali esponenti figurano tra i maggiori investitori. Una costante nel tempo che evidentemente è una precisa scelta politica, come [di]mostra la medesima analisi condotta esattamente un anno fa.

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Se queste sono le principali evidenze emergenti, i dati sul numero di inserzioni effettuate in relazione al capitale investito, come mostra l’infografica sopra riportata di sintesi dei risultati della nostra analisi, forniscono ulteriori spunti di riflessione.

In questo caso al primo posto troviamo il Partito Democratico con ben 5.347 inserzioni, seguito da Italia Viva a 3.218 e dal leghista Nappi con 2.646 inserzioni. Numeri di gran lunga superiori agli altri leader e partiti che sono un indicatore di una filosofia di micro-targeting tesa a segmentare, indirizzare e personalizzare i messaggi inviati ai singoli individui.

Da un’analisi condotta da Paolo Cavaliere, docente di diritto dei media digitali e IT, University of Edinburgh Law School, in collaborazione con Privacy International,  che esamina i vari quadri giuridici che regolano il micro-targeting nelle campagne politiche in sei stati: Canada, Brasile, Francia, Italia, Spagna e Regno Unito, emerge come i quadri giuridici che regolano il micro-targeting politico sono spesso disposizioni frammentarie relative a diversi aspetti della protezione dei dati, della privacy e del diritto elettorale, che a loro volta presentano una serie di lacune e scappatoie che le campagne possono facilmente sfruttare.

A novembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta sulla trasparenza e il targeting della pubblicità politica. L’UE propone ampie informative sugli annunci politici e vieta il targeting basato su dati sensibili, ma non il micro-targeting. E anche il provvedimento precedentemente adottato, prima delle elezioni Europee del 2019, dal Garante della Privacy non vi fa cenno.

Insomma, una pratica, allo stato attuale delle cose, perfettamente legale, ben sintetizzata dalla tabella sottostante, che partiti e leader politici hanno continuato a adottare anche nel 2021, con buona pace dello “stile Draghi” senza social, che sta mostrando tutti i suoi limiti in questa nuova fase dell’emergenza legata alla variante Omicron, in una nazione in cui, stando ai dati del 55° Rapporto sulla Situazione Sociale del Paese/2021, la seconda fonte d’informazione è Facebook, con una penetrazione del 30.1% [25.9% 2018] che sale al 39.5% [30.4% nel 2018] per chi ha tra 30 e 44 anni.

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