Libero dalla Vergogna

Il 18 Luglio ultimo scorso “Libero” ha festeggiato 20 anni dalla fondazione del quotidiano con uno speciale dedicato all’anniversario. Alcuni dei pezzi pubblicati sull’edizione cartacea di un paio di giorni fa sono stati resi disponibili online, e offrono diversi motivi d’interesse.

Il primo, seppur marginale, è che si conferma una gestione dei social che definire approssimativa è un complimento. Infatti nel pezzo dedicato allo speciale ci sono commenti che includono link a siti per adulti, insulti, vocaboli scurrili, ed altro ancora, rigorosamente lasciati pubblici senza moderazione e/o risposta alcuna.

Se questa non è una novità, e ad onor del vero, purtroppo, non riguarda solamente il quotidiano in questione, gli altri articoli forniscono altri elementi d’interesse.

L’editoriale di Feltri, non solo diffidato da AGCOM per le sue affermazioni razziste durante un talk show, ma anche in fuga dall’Ordine dei Giornalisti, per non sottostare alle regole di deontologia professionale, che non è più dunque il direttore, non potendolo più essere, almeno formalmente, ma diviene fondatore, quale è, del quotidiano in questione, come spicca sulla prima pagina da qualche giorno, è un esercizio di autoreferenzialità da brividi.

L’articolo, «Vittorio Feltri festeggia i vent’anni di Libero: “Popolari e fortunati, stiamo sul gozzo”», effettua una ricostruzione fantasiosa, diciamo, della storia del giornale, nella quale, tra le altre cose, si omette che nel 2003 la società editrice prende in affidamento la testata di “Opinioni Nuove” e si lega al Movimento Monarchico Italiano.

Una manovra che gli consente di beneficiare già allora di 5.3 milioni di euro di contributi statali. E che da allora ai giorni nostri, secondo i dati riportati dal Dipartimento per l’Editoria, il quotidiano ha consentito al giornale di ricevere oltre 60 milioni di euro. Per l’esattezza: 61 milioni 410mila 697 euro.

Tutto questo nonostante, come riporta lo stesso Feltri nel suo articolo, la cessione della testata alla famiglia  Angelucci «che si è addossata il fardello di Libero». Cosa che finiti i finanziamenti ai giornali di partito non ha impedito, dopo una pausa dal 2008 al 2012 durante la quale il quotidiano non ha ricevuto finanziamenti pubblici, di continuare a riceverne come cooperativa di giornalisti. Nel 2013, invece, i 3.4 milioni erogati ma ugualmente conteggiati non sono stati versati perché erano stati assegnati più soldi del dovuto negli anni precedenti.

Cooperativa che naturalmente è fittizzia visto che, appunto, lo stesso Feltri confessa candidamente la proprietà degli Angelucci, come peraltro viene riportato a chiare lettere nel sito di Tosinvest, la finanziaria di famiglia.

Angelucci, che guarda caso, a Novembre 2017, è stato condannato ad un anno e quattro mesi per falso e tentata truffa nell’ambito di un processo legato ai contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani Libero e il Riformista. E che a causa di alcune irregolarità ha dovuto restituire [insieme a “Il nuovo riformista”] 43 milioni di contributi percepiti tra il 2006 e 2010, o almeno avrebbe dovuto farlo poiché non si trova traccia dell’effettiva avvenuta restituzione di tale importo, se non in termini di ipotesi, per quanto noto.

L’infografica sottostante fornisce il dettaglio dei contributi diretti statali dal 2013 all’acconto 2019. Contributi che nel 2018 hanno raggiunto i 5.4 milioni di euro nonostante vendite calanti, come vedremo di seguito, dei quali si può comprendere nel dettaglio la logica grazie al manuale realizzato dal Dipartimento per l’Editoria per l’inserimento delle domande di richiesta contributi da parte degli editori.

contributi diretti statali per libero quotidiano

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Naturalmente anche il direttore editoriale, Pietro Senaldi, recentemente condannato per diffamazione, scrive un pezzo di auto-celebrazione del ventennio. Articolo che, oltre a difendere a spada tratta titoli come “bastardi islamici” piuttosto che “patata bollente”, e molti altri ancora, formula i ringraziamenti  ai lettori «per l’affetto e la costanza che ci testimoniate ogni giorno».

Affetto e costanza che sembrano alquanto sbiaditi, diciamo, visto che dopo il picco massimo del Maggio 2011, mese scelto per aver un termine di paragone con gli ultimi dati ADS disponibili, il quotidiano a Maggio 2020 si attesta a poco più di 28mila copie vendute della versione cartacea [vendite canali di legge + abbonamenti pagati].

Un  calo di vendite del 73.7% che è superiore al calo generale delle vendite di quotidiani nel nostro Paese, e che dunque non pare essere testimonianza dell’affetto e della costanza richiamate dal direttore di Libero. E che rende davvero difficile comprendere il perchè di finanziamenti statali crescenti.

vendite libero quotidiano

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Tra chi festeggia, anche se visti i dati di vendita ci pare ci sia ben poco da festeggiare, tra gli altri, non poteva mancare Renato Farina. Firma di punta del quotidiano in questione, prima radiato dall’Ordine dei Giornalisti, in seguito alla scoperta del suo arruolamento nel Sismi con il nome “Betulla”, proprio quando era vicedirettore di Libero, posizione grazie alla quale diffondeva notizie costruite ad hoc su commissione dei servizi segreti, ed in seguito riammesso.

Notizie false che stando alle analisi di NewsGuard, sito che cerca di combattere la disinformazione con l’intelligenza umana, valutando l’affidabilità dei siti di notizie, continuano, visto che la classificazione del quotidiano diretto da Senaldi, scritta sulla base di nove criteri giornalistici ampiamente riconosciuti, che offrono ai lettori un contesto per capire ciò che leggono online, è di violazione di diversi standard di credibilità e trasparenza.

Farina nel suo articolo paragona Libero ad un «prosciuttino raro» che non è imitabile, e verrà riaquistato da sapienti degustatori. Peccato che, come mostra l’infografica sopra riportata le vendite del «prosciuttino raro» siano ai minimi termini, considerando anche, ad esempio, che l’Eco di Bergamo, in una sola provincia vende, sempre a Maggio 2020, oltre 30mila copie, ed ha poco più di 6mila copie rese contro le circa 44mila di Libero che vengono restituite in media ogni giorno.

Insomma, il «prosciuttino raro» sarà anche ottimo ma quasi il doppio della produzione resta a casa di chi lo fa. E infatti, nonostante i cospicui finanziamenti statali, tra il 2012 e il 2017 Libero, del quale purtroppo non siamo riusciti a reperire il bilancio 2019, ha accumulato perdite per 11.2 milioni di euro.

Tanti auguri a Libero per i suoi primi vent’anni. Ci pare che ne abbia davvero bisogno, soprattutto se, come ci auguriamo, verranno rivisti i criteri di attribuzione dei contributi statali e, finalmente, si decidesse una volta per tutte che non ne ha diritto.

ricavi libero editoriale

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