DigitalMente

“DigitalMente”, rubrica settimanale che ogni Venerdì prova a fornire spunti e appunti su digitale e dintorni per riflettere a tutto campo su innovazione e digitale. Oggi abbiamo scelto di parlare di disinformazione e social media.

È stato pubblicato infatti, ieri, il report del  Oxford Internet Institute “The Global Disinformation Order: 2019 Global Inventory of Organised Social Media Manipulation”.

Il rapporto si basa su una metodologia in quattro fasi utilizzata dai ricercatori di Oxford per identificare prove di campagne di manipolazione organizzate a livello globale. Ciò include un’analisi sistematica del contenuto di articoli di notizie sull’attività delle truppe cibernetiche, una revisione della letteratura secondaria di archivi pubblici e rapporti scientifici, che genera casi di studio specifici per paese e consultazioni di esperti. Il lavoro di ricerca è stato svolto dai ricercatori di Oxford tra il 2018-2019. Il rapporto esplora gli strumenti, le capacità, le strategie e le risorse impiegate dalle “truppe cibernetiche” globali, in genere agenzie governative e partiti politici, per influenzare l’opinione pubblica in 70 Paesi, Italia inclusa.

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I risultati chiave sono:

  • La manipolazione dei social media organizzata è più che raddoppiata dal 2017, con 70 paesi che utilizzano la propaganda computazionale per manipolare l’opinione pubblica;
  • In 45 democrazie, politici e partiti politici hanno utilizzato gli strumenti di propaganda computazionale accumulando falsi follower o diffondendo media manipolati per ottenere il sostegno degli elettori;
  • In 26 stati autoritari, gli enti governativi hanno utilizzato la propaganda computazionale come strumento di controllo delle informazioni per sopprimere l’opinione pubblica e la libertà di stampa, screditare le critiche e le voci di opposizione ed eliminare il dissenso politico;
  • Le operazioni di influenza straniera, principalmente su Facebook e Twitter, sono state attribuite alle attività delle truppe informatiche di sette paesi: Cina, India, Iran, Pakistan, Russia, Arabia Saudita e Venezuela;
  • La Cina è ora emersa come uno dei principali attori nell’ordine globale della disinformazione, utilizzando piattaforme di social media per colpire il pubblico internazionale con disinformazione;
  • 25 Paesi stanno lavorando con aziende private o società di comunicazione strategica che offrono una propaganda computazionale come servizio;
  • Facebook rimane la piattaforma di scelta per la manipolazione dei social media, con prove di campagne formalmente organizzate in 56 Paesi;
  • 52 Paesi hanno utilizzato disinformazione e manipolazione dei media per indurre in errore gli utenti;
  • 47 Paesi hanno utilizzato troll sponsorizzati dallo stato per attaccare oppositori o attivisti politici nel 2019, rispetto a 27 paesi nel 2018;
  • L’87% dei Paesi ha utilizzato account umani, l’80% dei Paesi utilizzava account bot, l’11% dei paesi ha utilizzato account cyborg, il 7% dei paesi ha utilizzato account compromessi o rubati.

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Per quanto riguarda specificatamente l’Italia, come mostra la tavola di sintesi sopra riportata, tecniche di disinformazione sono state implementate da esponenti e partiti politici, ed anche da cittadini, da singoli individui e influencer.

Stando alla desk research il mezzo più utilizzato per propagare disinformazione online attraverso le piattaforme social [in Italia su Facebook & Twitter] nel nostro Paese sono i bot. Il fine di tali azioni condotte nel tempo è di due tipòlogie. Da un lato quello teso a distrarre le persone da altre tematiche, e, dall’altro lato quello di accrescere le divisioni, la polarizzazione.

Le strategie messe in atto in tal senso sono tese alla disinformazione, e all’amplificazione di contenuti. Si tratta di azioni condotte in maniera estemporanea, o quanto meno temporanea e non permamente, legate a specifici topics.

Secondo gli estensori della ricerca, l’Italia si colloca tra quelle nazioni caratterizzate da una scarsa capacità di azione delle “truppe cibernetiche”.

Non è un caso che, stando all’ultimo rapporto, del Luglio di quest’anno, dell’osservatorio sulla disinformazione online, creato da AGCOM sulla questione, nel mese di Maggio, nel quale come sappiamo si sono svolte le elezioni europee, si sia registrato un calo rispetto ai mesi precedenti del livello generale di disinformazione, attestandosi al 3% di tutta l’informazione dedicata alle elezioni, e solo al 1% per quanto riguarda in maniera specifica i social. Del resto, anche l’indagine condotta sul supposto attacco da parte di “troll russi” nei confronti del Presidente Mattarella si è conclusa con un buco nell’acqua, bollata come un’invenzione giornalistica non suffragata da alcun elemento concreto.

Insomma, il fenomeno esiste certamente ma ha un’ampiezza e una portata nettamente inferiore a quello che i media del nostro Paese, pour cause, vorrebbero farci credere. Sicuramente meno sistematizzate e pervasive di quelle portate avanti sistematicamente, anche oggi, da certe testate giornalistica nostrane. Le fake news sulle fake news sono l’ennesimo paradosso dei gatekeepers che hanno perso il controllo avuto in passato.

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