Editoria & Trasparenza

Vito Crimi, come certamente saprete, da Venerdì scorso, 13 Settembre, non è più Sottosegretario per l’Informazione e l’Editoria. Al suo posto è stato designato Andrea Martella.

Dopo mesi, e mesi, nei quali sono stato insultato e denigrato, anche da persone che si dichiaravano “amiche”, prima del mio incarico come consulente per il Dipartimento, che non aveva, e non ha mai avuto, come ambito quello dei finanziamenti diretti ai giornali, che pare essere, guarda caso, l’unica cosa che interessa davvero, ora posso, finalmente, parlare.

Tutto si è svolto in totale trasparenza. Trasparente è stata la lettera aperta scritta al Senatore Crimi a Luglio dell’anno scorso, in cui tra le altre cose vi sono, anche, passaggi relativi alla spinosa questione dei finanziamenti pubblici all’editoria, in  cui si dice apertamente di essere favorevoli a sostegni al pluralismo. Cosa che non ha creato pregiudizio e impedito la successiva assegnazione dell’incarico di consulenza. Altro elemento di trasparenza, e di etica professionale, sia da parte del sottoscritto che del committente.  Così come altrettanto trasparente è stata la risposta di Crimi, che ci ha autorizzati alla pubblicazione della stessa, di pochi giorni dopo.

Ed ancora, trasparente è stato l’incarico, avvenuto a distanza di qualche mese dallo scambio epistolare pubblico, e ricevuto attraverso l’apposita piattaforma: il portale di acquisti in Rete della Pubblica Amministrazione, rispettandone tutti i criteri e requisiti. Soprattutto, trasparente è sempre stato il comportamento di Crimi, probabilmente il miglior “padrone” che abbia avuto in questi anni, che una volta concordati e definiti nel dettaglio gli ambiti della mia consulenza non ha mai fatto pressione affinchè emergesse, o meno, dal mio lavoro un aspetto piuttosto che un altro. Un esempio di correttezza non comune.

Così come pure trasparente è stato, sin dall’inizio,  tutto il percorso degli Stati Generali dell’Editoria durante i quali, tra le altre cose, il Capo del Dipartimento Ferruccio Sepe [del quale ho constatato più volte la grande professionalità, sua, e degli altri funzionari] ha presentato, durante il tavolo di lavoro del 20 Giugno scorso, i dati dello studio condotto relativamente alle politiche di sostegno all’editoria nei principali Paesi dell’Unione Europea. Dati che pur non essendo in linea con le tesi del M5S sono stati, appunto, presentati senza nessun ostacolo, a testimonianza, se necessario, di buona fede e, ancora una volta, assoluta trasparenza.

Stati Generali che venivano invocati da, almeno, dieci anni e che invece sono stati apertamente osteggiati e boicottati dall’Ordine dei Giornalisti, dal Sindacato, e in generale dal mondo editoriale, sino all’ultimo, forse proprio perchè, per la prima volta, era stato concepito un percorso di lavoro basato, anche, sulla trasparenza, come ha giustamente rilevato alla conclusione dell’ultimo incontro, del 04 Luglio scorso, il Senatore Crimi, mentre paradossalmente si è preferito dialogare con altri soggetti con trascorsi non esattamente esemplari, come Claudio Durigon, che è stato Vice Segretario Generale dell’Ugl, sindacato italiano erede della CISNAL, di emanazione fascista.

Lasciamo alle parole di Crimi [delle quali abbiamo realizzato la word cloud sottostante] il bilancio del lavoro svolto, ma ci sono alcune cose che voglio dire per quanto riguarda il futuro, da oggi in poi.

La prima, la più importante, è che si eviti il più possibile di buttare via il bambino con l’acqua sporca, come si suol dire.

Con la caduta del Governo precedente, e la nascita di quello nuovo, è stata auspicata, anche dallo stesso Presidente del Consiglio, “discontinuità”, citando espicitamente, nel suo discorso programmatico il fatto che «Questo Governo sarà anche particolarmente sensibile nella promozione del pluralismo dell’informazione. Ringrazio, in proposito, la stampa, per il suo insostituibile ruolo di ‘termometro’ della democrazia: la garanzia di un’informazione libera, imparziale e indipendente è uno dei nodi nevralgici che definiscono l’affidabilità e la tenuta del nostro Paese e delle sue istituzioni».

Principio che naturalmente mi trova, e trova tutti noi di DataMediaHub, assolutemente d’accordo, purchè non sia solo indirizzato alla carta stampata, ma venga invece applicato complessivamente all’informazione, anche online, e purchè, altrettanto, non venga strumentalmente utilizzato, come qualcuno già sta facendo, per giustificare il ritorno a pratiche che i fatti, e i dati, hanno ampiamente dimostrato essere inadeguati, per usare un eufemismo.

L’idea di implementare un contributo di solidarietà, che integri il cosiddetto “bonus pubblicità”, che da quest’anno fa sì che il credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari diventi strutturale e permanente, credo possa essere un passo importante in tal senso, riequilibrando, almeno in parte, la raccolta pubblicitaria a favore dell’editoria.

Non c’è da inventare nulla sul tema, basta banalmente rifarsi ai criteri di accesso ai contributi per le radio e le televisioni locali stabiliti dal d.P.R. 146 del 2017, attualmente in vigore, che tra le altre cose prevedono che i contributi vadano a quelle emittenti che non trasmettono più del 10 per cento di pubblicità per ogni ora di diffusione, e riprenderli stabilendo tra i criteri quello di finanziamento crescente al diminuire dell’affollamento pubblicitario, e magari anche un bonus su finanziamento dei cittadini, dove, per esempio, se un dato numero di cittadini gira il suo 8 per mille a favore di un quotidiano c’e un ulteriore bonus in termini di contributi.

Insomma, se si vorrà eventualmente rivedere gli attuali criteri, che si ricorda prevedono uno “scivolo” sino al 2022, e dunque lasciano ben tre anni di attività per riorganizzarsi, si implementino criteri qualitativi, e soprattutto si eliminino le storture del passato nelle cui pieghe hanno speculato in troppi, mettendo da parte la bandiera della libertà di stampa, sventolata troppo spesso per convenienza più che convizione, come dimostrano, se necessario, anche fatti recenti.

Non ci si dimentichi nuovamente delle edicole, e degli edicolanti. 27mila famiglie che hanno avuto, per la prima volta, finalmente, un barlume di dignità e di speranza, ed anche qualche prima misura “tampone” di sostegno.

Oggi, mediamente, un edicolante lavora attorno alle 280 ore mensili, quasi il doppio di quelle di un qualsiasi dipendente, per ricavi lordi tra i 900 e i 1.300 euro mensili. Di fatto non ha alcuna possibilità di selezione del proprio assortimento, e spesso è soggetto a pratiche ricattatorie con pretesa di extra compenso per la consegna, che pur illegali sono pratica diffusa.

Si prenda esempio dalla legge approvata a fine Luglio in Francia sulla questione, intervenendo, anche, sulla questione della “parità di trattamento”, che, pur partendo da principi sacrosanti, genera storture che avvelenano la filiera editoriale tradizionale, e soffocano edicole e edicolanti.

Non si trascuri, per l’ennesima volta, l’informatizzazione delle edicole, che può porre rimedio ai tanti sprechi che da anni si verificano, e, soprattutto, giustappunto, ridare trasparenza ad una fliera editoriale caratterizzata dallo strapotere dei distributori locali e dalla “opacità” che questo comporta, oltre che fornire nuove importanti opportunità a editori e edicolanti, agevolando la possibilità di sondaggi, di ricerche su argomenti ad hoc, e favorendo l’implementazione di servizi a partire, per citarne almeno uno, dalla raccolta di dati sul lettore, attraverso delle card appunto, sia mono editore che pluri editore, sulla falsariga di quelle da tempo utilizzate dalla grande distribuzione organizzata, che consentano di profilare l’offerta editoriale e pubblicitaria, che permettano di raccogliere informazioni sul lettore ed avviare programmi di fidelizzazione nel canale edicole.

Si faccia pressione, come stava avvenendo, affinchè si raggiunga una volta per tutte il rinnovo dell’accordo nazionale tra FIEG e rappresentanze degli edicolanti, che risale al 2005 ed aveva richiesto ben ben 1070 giorni di trattative, scaduto ormai da anni, e relativamente al quale le trattative appaiono ad un punto morto nonostante dichiarazioni d’intenti apparentemente favorevoli.

27mila edicole sono, almeno, 27mila famiglie, pari a circa 81mila persone, più della popolazione residente a Cremona, o a Rovigo, per avere un termine di paragone. Il silenzio vergognoso, l’indifferenza totale, che sino ad un anno fa ha regnato sovrano nei loro confronti non deve ripetersi. Sia perchè costoro sono i peones, gli schiavi, dell’editoria, e vanno tutelati in tal senso, e non posso credere che vi possa essere indifferenza da parte del nuovo Sottosegretario che, visto il partito di appartenenza, dovrebbe avere a cuore le sorti dei più deboli, così come le ha avute a cuore Crimi, che perchè ancora oggi mediamente l’80% delle vendite dei giornali passano da questo canale, e dunque la loro progressiva scomparsa segnerebbe inesorabilmente la scomparsa della carta stampata.

Se si vuole capire meglio di quanto possa emergere da questa sintesi le difficoltà quotidiane di edicole e edicolanti, si bussi, con la gentilezza e il rispetto dovuto naturalmente, ad esempio, alla porta del gruppo – uno dei più rappresentativi – dell’immagine sotto riportata, come ha fatto il sottoscritto.

Si prosegua, e si concluda, il percorso attivato con l’avvio degli Stati Generali, che hanno abbracciato tutti gli aspetti, e i soggetti coinvolti, dalle agenzie di informazione alle edicole, passando per le nuove categorie professionali piuttosto che quelle specificatamente dedicate ai giornalisti, e molto altro ancora, riuscendo per la prima volta a fornire un quadro di assieme, che ora attende solamente di essere convertito in concrete proposte di legge, congrue con gli elementi emersi.

Azzerare questo percorso sarebbe un grave errore, e comporterebbe, almeno, altri 12 mesi di lavoro. Un tempo che il settore non ha.

L’organizzazione aziendale pressoché della totalità delle imprese editoriali nostrane ricalca modelli organizzativi degli anni ’80 che le aziende che operano in altri comparti, in altri mercati, hanno abbandonato almeno da un ventennio. È evidente che questo elemento è un fattore di rigidità e genera costi non sostenibili. Inoltre, sta scritto nel primo paragrafo della prima pagina del “bigino” sul management che a una determinata strategia deve necessariamente  seguire l’implementazione di un’adeguata organizzazione del lavoro che consenta al impresa di implementare tale strategia. Invece di sostenere crisi aziendali e prepensionamenti per i quali, dal 2014 al 2021 sono previsti stanziamenti per 120 milioni di euro, si intervenga in tal senso per favorire l’innovazione dei processi di cui hanno tanto bisogno le imprese editoriali.

I primi giornali, così come li conosciamo oggi, nascono nel 18° secolo in Inghilterra. Se escludiamo l’introduzione del colore, il prodotto è rimasto sostanzialmente identico da allora. È chiaro che, invece dei numerosi restyling, a cui abbiamo assistito di recente nel nostro Paese, è assolutamente necessario intervenire in tal senso effettuando un vero e proprio redesign di quello che è oggi un giornale [di carta], e non inutili restyling. Il legislatore introduca agevolazioni ed incentivi in tal senso invece di favorire ulteriormente la liberalizzazione della distribuzione come continua a chiedere la Federazione Italiana Editori Giornali. Con mediamente l’85% delle revenues che, di fatto, derivano ancora dal prodotto cartaceo, crediamo che sia uno dei nodi che è doveroso scogliere , e che costituirebbero una base per il recupero di interesse da parte dei lettori, ed anche più che interessante in termini di recupero di marginalità.

La sfida principale non è tanto comprendere il futuro, quanto avere la capacità di adattarvisi. Nel 2020, e oltre, continueranno a esistere, per esempio, Repubblica o la RAI, ma questa continuità sarà accompagnata dalla riconfigurazione di ogni singolo bit del contesto mediale in cui opereranno. Aumenterà ulteriormente la variabilità. Non stiamo passando da grandi aziende a piccole organizzazioni, e neppure dal giornalismo “lento” a quello “veloce”: le dinamiche sono insieme su più assi. L’effetto principale dei media digitali è che non c’è un effetto principale. Il cambiamento apportato dalla rete, dagli smartphone e dalle app è così vasto da rendere impossibile l’identificazione di un solo elemento chiave, come scrivevo nell’analisi di scenario prodotta per “Link”.

Buon lavoro al neo Sottosegretario Martella, che si troverà ad affrontare le sfide che ho provato a sintetizzare, e i migliori auguri al Senatore Crimi per il nuovo incarico istituzionale.

 

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