“DigitalMente”, rubrica settimanale che ogni Venerdì prova a fornire spunti e appunti su digitale e dintorni per riflettere a tutto campo su innovazione e digitale. Oggi abbiamo scelto di parlare di Facebook Watch.
Dopo un anno di test solo negli USA, ad Agosto Facebook ha annunciato il lancio di Facebook Watch, quello che, semplificando, molte testate hanno definito la TV di Facebook, in tutto il resto del mondo, Italia compresa naturalmente. Lancio che però non riguardava la versione desktop della piattaforma social, anche se forse in molti non se ne saranno accorti tanto siamo abituati ad utilizzare il social più popoloso del pianeta da mobile, e che invece da ieri sarà progressivamente disponibile in tutto il mondo.
L’annuncio dell’introduzione della versione desktop, e per Facebook Lite, è stata anche l’occasione per Facebook di fornire alcuni dati su l’utilizzo di Watch. Secondo quanto riportato ci sono 400 milioni utenti unici mensili che hanno guardato almeno per un minuto [che è lo standard di riferimento per gli investitori pubblicitari] Facebook Watch, mentre sarebbero solamente 75 milioni gli utenti unici giornalieri, che però lo usano per venti minuti.
Dati che naturalmente vengono annunciati trionfalmente: «Stiamo vedendo che le persone tornano regolarmente per vedere i video a cui tengono di più ed a guardare per periodi di tempo più lunghi», ma che invece sono il segno dell’insuccesso, ad oggi, di Facebook su questo versante.
400 milioni utenti unici mensili sono il 17.6% del totale, e 75 milioni di utenti unici giornalieri sono solamente il 5% del totale. Se si pensa che YouTube ha 1.9 miliardi di utenti unici mensili che lo guardano mediamente per 40 minuti, per un totale di un miliardo di ore di contenuti guardati al giorno, già si capisce quanto sia ancora profonda la distanza.
Facebook Watch ha, in primis, un problema di notorietà. Infatti, secondo i risultati di un sondaggio condotto negli USA, dove appunto Watch è disponibile da oltre un anno, la metà delle persone con conosce il servizio di streaming video, e un altro 24% lo conosce ma non lo ha mai usato.
Soprattutto, esiste un problema di abitudine nel utilizzo di Facebook da parte delle persone, che normalmente aprono il newsfeed e scrollano solamente all’interno del contenitore principale che ne limita fortemente la scoperta, e dunque l’uso, per come è stato sin ora posizionato al suo interno [vedi immagine sottostante].
A questo si aggiungono le note carenze della search di Facebook, che, se possibile, per quanto riguarda i video si aggravano ulteriormente. Anche il contesto generale non aiuta con “distrazioni” dovute al focus di attenzione su altri aspetti e ambienti all’interno della piattaforma social.
In Italia la situazione è ancor più scoraggiante. Accedendo alla sezione Watch si vedrà una semplice lista di video pescati dalle pagine alle quali si è iscritto l’utente. Il limite sta in questo concept dello scrolling verticale e nell’assunto che l’utente desideri vedere i video delle pagine. Il concept di YouTube è opposto: è primariamente un motore di ricerca che mostra contenuti sempre freschi sulla base delle affinità desunte [efficacemente grazie all’Intelligenza Artificiale] dalle visioni precedenti, come giustamente rileva Vincenzo Cosenza.
Se a tutto questo, come se non bastasse, si aggiunge che sinora nessuno dei soggetti coinvolti ha beneficiato economicamente di Facebook Watch, il quadro si completa definitivamente.
Non a caso, contestualmente all’annuncio della versione desktop, Facebook spiega che «Stiamo anche lavorando per unificare l’esperienza video su Facebook. Al momento, le persone possono trovare video su Facebook in un certo numero di luoghi diversi: Watch, News Feed, Search, Pages e altro, e tutti questi possono sembrare diversi. Vogliamo rendere l’esperienza di guardare video “immersiva”, non importa dove l’hai scoperto. Come parte di questo impegno, nei prossimi mesi sperimenteremo alcune cose, come la creazione di uno sfondo più scuro ogni volta che ti guardi un video da dispositivo mobile, unificando queste diverse esperienze di visualizzazione sotto una unica».
Insomma, la strada della “TV di Facebook” è ancora irta e piena di ostacoli, ma naturalmente questo non significa che i broadcaster possano dormire sonni tranquilli.
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