Il crollo del ponte Morandi sulla A10 non è solo un drammatico evento che, al momento, conta 39 morti, con molti che parlano di tragedia annunciata, ma è anche una case study interessante sotto il profilo della comunicazione e di gestione della crisi, o crisis management che dir si voglia.
Come mostra la sequenza dei post caricati sulla fanpage della società, il crollo del viadotto di Genova avviene alle 11:36, e Autostrade diffonde un primo comunicato 5 ore dopo nel quale l’unica preoccupazione è lo scarico di responsabilità, salvo poi – dopo le numerose proteste [a cui non si risponde] – altre 4 ore e mezzo dopo ricordarsi delle vittime. Come si può vedere, nel tempo seguono una serie di post con giustificazioni tecniche, che peraltro raccontano solo una parte della verità poiché i dati disponibili pare raccontino ben altro [ma attenzione!], mentre è solo nel tardo pomeriggio di ieri che l’azienda torna, finalmente, a ricordarsi delle vittime.
Nel frattempo naturalmente sono centinaia e centinaia i commenti di sdegno delle persone. Commenti ai quali la società sceglie di non rispondere. Una scelta tanto chiara, visto che invece ai commenti in altri post, anche pochi giorni fa, viene risposto, quanto incomprensibile.
Al di là dei commenti sulla pagina Facebook di Autostrade per l’Italia, come mostra l’infografica sottostante, dopo il dolore e il cordoglio per i fatti avvenuti, progressivamente sui social monta lo sdegno nei confronti dell’azienda con decine di migliaia di citazioni sia per #Autostrade che per #Benetton, che dall’inizio degli anni duemila controlla la società attraverso Atlantia i cui bond crollano ai minimi storici.
Visto che, purtroppo, eventi di tale natura si erano già verificati poco più di un anno fa, non è ragionevolmente ipotizzabile che fatti di questo genere non fossero prevedibili e dunque non esiste giustificazione alcuna per la pessima gestione della crisi da parte dell’azienda [su Facebook un’interessante discussione sul tema con numerosi contributi al riguardo].
Esiste un grave problema di cultura manageriale che è ancora ancorata di fatto a pratiche di fine anni ‘90. Si continua a credere, come avvenuto anche in altri casi, che basti uno scarno comunicato senza uno straccio di link a ricerche, documenti o le buone pratiche aziendali, o peggio che si possa mettere la polvere sotto il tappeto.
Parafransando, è il web, bellezza, e tu non puoi farci niente, se non attrezzarti adeguatamente, anche, prevedendo e definendo procedure di intervento in caso di momenti di crisi di comunicazione [e di immagine].
Dati Talkwalker con cui DataMediaHub ha una partnership per il monitoraggio e l’ascolto della Rete. Per “persone coinvolte” si intendono coloro che hanno interagito con i contenuti [like / condivisioni / commenti], mentre ovviamente la portata [coloro che hanno visualizzato i contenuti] è decisamente molto più ampia.
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