L’analisi dei volumi di vendita dei quotidiani italiani nei primi tre mesi del 2018 sono particolarmente interessanti perché coincidono con il periodo più intenso di campagna elettorale per le Politiche del 4 marzo scorso e il successivo commento ai risultati. Un appuntamento così importante (e la successiva “lettura” dei risultati e della situazione politica nazionale fortemente caratterizzati da elementi di incertezza) ha cambiato, e quanto, il trend di vendita dei giornali italiani?
Proviamo a rispondere analizzando ed elaborando i dati Ads complessivi per tutte le testate quotidiane censite e certificate e per i top 4 (Corsera, Repubblica, Sole 24 Ore e La Stampa) in un prossimo articolo analizzeremo anche le altre testate nazionali e i giornali locali.
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Diciamo subito che i volumi di vendita – pur confrontandosi con anni, il 2016 e il 2017, che non godevano di un evento così trainante (almeno in teoria) per i quotidiani – sono diminuite. Il complesso aggregato delle 63 testate censite da Ads ha sommato nel 2018 un volume di vendita nei primi tre mesi dell’anno di 212,3 milioni di copie: 17,5 milioni in meno rispetto ai primi tre mesi del 2017 e 40,2 milioni in meno del pari periodo del 2016 (ovvero rispettivamente -7,6% sul 2017 e -14,9% sul 2016).
Se dividiamo questi volumi per il totale delle uscite vediamo che la flessione si fa ancora più accentuata: le copie del giornale medio a uscita nel periodo gennaio-marzo 2018 (63 testate censite come detto) sono 41.141, quelle del medesimo periodo del 2017 (quando le testate censite erano 61) sono 46.530 e quelle del 2016 (59 testate censite) sono 53.314. Ovvero -12,7% sul 2017 e -22,3% rispetto al 2016.
Visto il quadro generale guardiamo i quattro principali quotidiani nazionali. Il Corsera ha totalizzato un volume di vendita nei primi tre mesi del 2018 di 22,6 milioni di copie (253.513 copie medie nel periodo) 2,4 milioni in meno rispetto al 2017 (-9,7%) e 8,6 milioni rispetto al 2016 (-27,6%). Repubblica nei primi tre mesi del 2018 totalizza invece un venduto di 17,3 milioni di copie (194.753 copie medie nel periodo), con una flessione sul 2017 di 3,1 milioni di copie (-15,3%) e di 7,2 milioni sul 2016 (-29,5%).
Volumi di vendita simili per il Sole 24 Ore e La Stampa: rispettivamente 12,2 milioni pe ril quotidiano di Confindustria e 12,8 milioni per quello di Gedi. Le flessioni sul 2017 sono per il Sole del 9% e del 3,8% per la Stampa.
Quindi quanto hanno influito le elezioni politiche sulle vendite dei maggiori quotidiani italiani? Ovviamente i parametri per rispondere dovrebbero essere diversi, ma per il momento uno che può darci comunque qualche indicazione può essere confrontare le flessioni di quest’anno (con il “traino” delle elezioni politiche) sul 2017 e quelle del 2017 sul 2016 (entrambi gli anni privi di appuntamenti di pari rilievo).
A livello di tutte le testate la flessione del 2017 sul 2016 era stata del 9% mentre quella del 2018 sul 2017 è del 7,6%, una differenza quindi di 1,4 punti percentuali. Una “frenata” quindi c’è stata anche se decisamente leggera.
Se confrontiamo ancora a questo parametro con le testate “top 4” qualche differenza sostanziale emerge. Il Corriere della Sera ad esempio nel 2017 ha avuto una flessione di vendite del 19,9% mentre nel 2018 “solo” del 9,7% (10,2 punti percentuali). la frenata per l’ammiraglia di Rcs c’è stata quindi e significativa.
Repubblica invece ha un differenziale decisamente più modesto, la sua flessione di vendite nei primi tre mesi del 2017 su quelli del 2016 è stata del 16,7% mentre quella del 2018 del 15,3% (quindi solamente una rallentamento di 1,4 punti percentuali). Come detto è solo un’indicazione, ma il limitatissimo differenziale di Repubblica qualcosa ci dice su quanto poco l’“effetto elezioni” abbia cambiato in meglio l’andamento delle sue vendite. Più positivi ( o meno negativi a secondo dei punti di vista) i numeri del Sole con un differenziale favorevole al 2018 delle due flessioni di 6 punti percentuali e della Stampa con un rallentamento di 10,4 punti percentuali.
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