Era il 16 Marzo quando è esploso “il caso” Facebook-Cambridge Analytica, con le rivelazioni di Guardian e NYTimes, e tutto quello che ne è seguito. Ad oltre un mese di distanza, periodo nel quale i media di tutto il mondo hanno espresso critiche nei confronti di Facebook con un’intensità senza precedenti, gli editori hanno bandito i tracker di Facebook dai loro siti web?
Per quanto riguarda alcuni dei principali media statunitensi, la risposta arriva dal blog di Ghostery, applicazione che consente il controllo sugli annunci e sulle tecnologie di tracciamento, installando un’estensione sul proprio browser allo scopo.
Secondo quanto riportato la risposta è no, nessuno dei principali publisher ha bandito i tracker di Facebook dal proprio sito. Risulta infatti che tutti forniscono i dati degli utenti sui tracker di Facebook e questo non è cambiato dal 16 Marzo ad oggi. Ci sono però diversi gradi di tracciamento di Facebook a seconda dei diversi siti web. Gli utenti del Washingtonpost sono monitorati più intensamente [tracker di Facebook sul 95.18% dei caricamenti di pagina], mentre i visitatori di Foxnews lasciano relativamente pochi dati a Facebook [tracker di Facebook sul 3.04% dei caricamenti di pagina], come mostra il grafico di sintesi dei risultati dell’analisi sotto riportato.
Una situazione generalizzata che riguarda i siti di Spiegel, Le Monde, Guardian, Le Figaro, e molti altri ancora, con il 72.9% dei 748 siti con maggior traffico al mondo che mediamente ha 9 tracker sul proprio sito, inclusi quelli, appunto, di Facebook, come già emergeva da uno studio condotto circa un anno fa.
Se dunque questa è la situazione a livello internazionale, qual è quella degli editori del nostro Paese, che per settimane hanno versato fiumi di inchiostro e exabite tuonando contro Facebook. Una prima risposta in realtà veniva già da quanto abbiamo spiegato la scorsa settimana su come Facebook raccoglie i dati quando non siamo loggati, ma abbiamo deciso di approfondire ulteriormente utilizzando proprio Ghostery per analizzare in dettaglio alcuni dei principali siti di news italiani.
Dalla nostra analisi emerge che il sito del Corriere della Sera ha 7 tracker in home page che diventano 21 nelle pagine degli articoli. In entrambi i casi sono sempre presenti Facebook Impression e Facebook Connect. Anche il sito de il Fatto ha 12 tracker in home page e 15 nelle pagine degli articoli, tra i quali Facebook Beacon e Facebook Social Graph. 13 i tracker nella home page di TGCom24, che diventano 15 nelle pagine degli articoli, con il repertorio completo di Facebook: Facebook Custom Audience, Facebook Connect, Facebook Impression, Facebook Beacon e Facebook Social Graph. Ed ancora, medesima situazione sul sito del quotidiano di Confindustria che ha ben 19 tracker in home page e 21 nelle pagine degli articoli con anche in questo caso la presenza dei tracker di Facebook Custom Audience, Facebook Connect e Facebook Beacon. Lo stesso vale per La Stampa la Gazzetta dello Sport e il Messagero, per restare nella “top10” per audience dei siti di news del nostro Paese, e naturalmente per molti altri ancora.
Insomma, da un lato si grida a perdifiato allo scandalo e dall’altro lato si forniscono dati al “nemico”. Esiste di fatto una stretta interdipendenza tra editori, inserzionisti e big tech. I publisher si affidano a Google e Facebook come importanti fonti di traffico e dipendono dalle entrate fornite dalle loro piattaforme pubblicitarie. Oltre ai principali attori, gli editori utilizzano anche una miriade di inserzionisti di terze parti, fornitori di analisi e strumenti di condivisione sociale per tracciare e monetizzare i propri utenti. Questa interdipendenza ha un costo, però, perché le grandi e le piccole aziende vogliono qualcosa in cambio di servizi, e spesso la valuta di scelta sono proprio i dati degli utenti che i publisher cedono loro.
L’immagine sottostante visualizza l’architettura del sistema di tracciamento del leader di mercato italiano, del sito d’informazione con la maggior audience: Repubblica. Anche in questo caso più che presente Facebook, tra gli altri. Non credo davvero ci sia bisogno di aggiungere altro.
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