Influenza dei Media Tradizionali Vs Social Media

Ad un paio di settimane dalle elezioni, si è tenuto ieri il convegno “Media vs. Social Media. Chi ha più influenzato il voto del 4 marzo?” organizzato da Assorel – Associazione Imprese di Comunicazione e Relazioni Pubbliche – in collaborazione con l’agenzia di media intelligence Eco della Stampa, che ha visto la partecipazione anche di Alessandro Galimberti, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, di Luciano Fontana, Direttore del Corriere della Sera, e del sottoscritto.

Dopo l’introduzione di Filomena Rosato, Presidente[ssa] Assorel, l’intervento di Alessandro Cederle, Direttore Divisione Media Monitoring e Analisi de l’Eco della Stampa, si è incentrato su l’analisi, effettuata sul periodo che va dal 27 febbraio all’8 marzo, i giorni immediatamente precedenti al voto e quelli immediatamente seguenti, mettendo a confronto i diversi canali: stampa [tutte le testate], web [il panel Ecostampa di 15.000 siti leader], radio televisione [100 tra canali nazionali e una selezione dei locali e tematici], social media [Twitter, Facebook, Instagram, YouTube e Google+].

Sono stati selezionati articoli, post, trasmissioni che contenessero le parole chiave incrociate relative ai temi “caldi” della campagna elettorale con coppie di protagonisti/antagonisti. Ad esempio, Renzi e Di Maio a confronto sulla keyword “banche”, Salvini e Bonino sul tema “immigrazione”, e così via. Tra le altre cose, emerge come picchi e curve sui vari media sembrano suggerire l’ipotesi relativa a un ruolo di alimentazione che i media tradizionali svolgono nei confronti delle conversazioni sui social, Queste ultime infatti paiono avere un comportamento conseguente. Come se il problema, o la polemica, nasca su un canale ufficiale, per poi alimentare il dibattito peer to peer, capace successivamente anche di vita propria. Dinamica che, al di là di tutte le considerazioni emerse durante il convegno, conferma come il ciclo della notizia non si fermi nel momento della sua pubblicazione e quanto sempre più l’informazione sia inseparabile dalle persone che la stanno creando, coinvolgendo inevitabilmente non solo chi lo fa per professione, rendendo di fatto, anche, il giornalismo una conversazione a due vie in cui i contenuti sono la base, la reputazione e la comunità, le chiavi del successo.

Al riguardo interessante riflessione del Direttore del Corriere della Sera secondo il quale «i giornalisti dovrebbero essere anticipatori della realtà». Ruolo che evidentemente travalica quello di mera descrizione alla quale troppo spesso ci si limita e che segna il confine tra notizie e informazione che è quella che complessivamente crea valore aggiunto per i lettore, per le persone, e dunque in prospettiva anche valore economico.

L’intervento del sottoscritto, dopo aver sintetizzato i risultati delle analisi svolte tra il 7 Gennaio ed il 2 Marzo per il quotidiano La Stampa, ha posto l’accento su la differenza tra informazione e formazione dell’opinione evidenziando come sotto questo profilo la comunicazione tra pari e la Rete abbiano un’influenza superiore rispetto ai legacy media. Aspetto riconosciuto anche dal Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia che ha detto come il vero ago della bilancia siano i social media.

Come creare un’opinione, nella società dell’informazione pervasiva, è evidentemente quel che conta, non solo in politica ma anche più in generale, e da questo punto di vista arriva ancora una volta la conferma di quello che qualsivoglia fonte, indagine, istituto di ricerca ricorda da anni: da sempre la comunicazione tra pari funziona meglio di qualunque altra. Non a caso i “micro-influencer” generano maggior engagement, anche ben al di là della politica. Nel video sottostante, in poco più di 8 minuti, i dati ed il commento agli stessi del mio intervento. 

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