Brandwatch ha condotto una nuova emoji analysis, basata su tutte le conversazioni Twitter degli ultimi due anni. Complessivamente sono state pubblicate più di 6 miliardi di emoji, con una media di circa 250 milioni mensili. Il picco massimo si realizza nel mese di luglio del 2016, con 293 milioni di emoji, con il trend probabilmente influenzato dal referendum relativo il tema Brexit.
A farla da padrone è lo smile del sorriso, che è anche indice di un utilizzo prevalentemente mobile di questo tipo di elementi. Nell’immagine che segue è possibile vedere la top 20 delle emoji più usate.
Qui invece la top 50 dalla quale emergono alcune curiosità, tra cui l’emoji della scimmia che si copre gli occhi, il teschio etc.
Emojipedia prova a fornire un’interpretazione di questi dati, riferendo che probabilmente le persone tendono ad utilizzare in qualche modo delle emoji che riflettano il più possibile i propri stati d’animo e sé stessi.
Un’ulteriore classificazione proposta è quella che cerca di determinare la polarità dei dati, distinguendo le emoji positive dalle negative, fino a delinearne anche le tendenze.
Sebbene il 75% delle emoji risulti essere positivo, negli ultimi due anni si assiste a un incremento di oltre sue punti percentuali delle emoji negative, dal 23,2% al 25.4%. In particolar modo il picco massimo di quest’ultime si realizza durante il periodo delle elezioni americane (8 novembre 2016).
Un altro caso di crescita “anomala” delle emoji negative si realizza ancora una volta in concomitanza con un dibattito politico: il referendum inerente la Brexit. Il picco di emoji positive invece è relativo al compleanno di Harry Styles, cantautore britannico.
In un certo senso questi dati certificano la consapevolezza di un uso di Twitter che continua ad essere strettamente correlato ai temi di attualità e al contatto tra gli utenti comuni e i cosiddetti power user. Successivamente le emoji sono state classificate in un set di emozioni primarie, un po’ come accade per le reactions di Facebook: gioia, disgusto, tristezza, paura, sorpresa e rabbia.
Questa classificazione sicuramente più interessante della precedente ci aiuta ad andare un po’ più a fondo della lettura del fenomeno. Se, come prevedibile, è la gioia ad essere il cluster più numeroso (31%) è curioso notare come al secondo e al terzo posto si collochino disgusto (21%) e tristezza (16%). Tuttavia non si ritiene completamente convincente la metodologia di definizione della classificazione, che tende, di per sé, al negativo, contrapponendo 4 classi chiaramente negative (disgusto, tristezza, paura e rabbia) ad una positiva (gioia) e una neutra (sorpresa).
Per ciascuno di questi cluster è stato successivamente presentato un line graph, che ne analizza l’andamento nel tempo. Nel caso specifico vediamo solo il caso delle “sad emojis”
Il punto più alto del grafico è raggiunto in concomitanza dell‘attacco terroristico di Manchester e rappresenta, in generale, l’oscillazione più importante anche complessivamente.
Dal grafico è possibile notare anche come, in generale, si assista a una decrescita complessiva, probabilmente correlata a un uso della piattaforma di microblogging che è in calo rispetto a qualche anno fa.
Ad usare le emoji sono principalmente le donne. Il rapporto è di 61% al 39%, con una diversificazione non eccessiva delle emoji scelte, così riassunte.
Vediamo infine la distribuzione geografica delle emoji positive e negative. L’Italia rappresenta uno dei paesi che tendenzialmente fa uso di contenuti di carattere positivo, mentre a primeggiare sulla polarità opposta sembrano essere Olanda, Regno Unito e Grecia. L’85% dei tweet da Città del Vaticano sono positivi.
- Il Caso Cambridge Analytica Spiegato al di là degli Interessi di Parte - 26 Marzo 2018
- Un’Analisi sull’Utilizzo di 6 miliardi di Emoji negli Ultimi due Anni - 17 Gennaio 2018
- Times e The Economist: la Strategia Vincente di Community e Verticalità - 14 Dicembre 2017