Era il Marzo 2014 quando la Repubblica aveva rivisto la grafica del giornale cartaceo mentre il sito è stato rivisto ad inizio di quest’anno. Ma quanto reso pubblico Mercoledì 22 Novembre scorso è ben più di un restyling, si tratta di un vero e proprio redesign sia per quanto riguarda la versione cartacea del quotidiano che per la versione online ed il modello giornalistico, e di business.
A scanso di equivoci lo dico subito, complessivamente il giornale mi piace mentre resto decisamente più perplesso, diciamo, per quanto riguarda lo sdoppiamento del sito con il lancio di Rep, la nuova web app a pagamento.
Per quanto riguarda la versione cartacea, la “riforma grafica” come l’ha definita il Direttore, Mario Calabresi, con understatement, è solamente la parte più immediatamente percettibile del lavoro svolto. In realtà c’è una gerarchia delle notizie: “Primo piano”, “Politica”, “Mondo”, “Cronaca”, “Economia”, eccetera e soprattutto una gabbia, in stile menabò, che facilita la lettura con un carattere nuovo “Eugenio” dal nome del fondatore de “la Repubblica”, per ottenere la ricorrenza delle pagine per ognuno dei temi sviluppati.
Manca però la selezione promessa, e necessaria, come giustamente rileva l’ottimo Marco Basile, Group Publisher Periodici San Paolo & Head of Advertising Publiepi, che nel suo commento al riguardo, tra le altre cose, scrive «Troppa roba e soprattutto troppa in funzione della promessa di una scelta più oculata. Oltre 80 pagine di foliazione sono troppe e il rischio è che dato che le pagine sono monografiche e che gli argomenti non hanno una “scadenza” da quotidiano il giornale possa durare due o tre giorni [proprio perché i contenuti sono interessati e ben fatti]. Il marketing dovrebbe stare attento alla frequenza d’acquisto che rischia di calare».
Insomma, sicuramente un bel prodotto dove però alla freschezza grafica non corrisponde, o quanto meno corrisponde solo in minima parte, l’altro pezzo altrettanto imprescindibile di una vera selezione che faccia del giornale un elemento che guida le persone su quelle che sono davvero le notizie importanti della giornata e non “il chiacchiericcio” che vi si sviluppa attorno con i commenti dei vari politici e i vari “si dice che”, inutili orpelli nell’epoca in cui tempo ed attenzione sono risorse sempre più scarse e dunque preziose . Del resto, in caso di dubbi, attualmente l’edizione cartacea del New York Times ha una foliazione attorno alle 25 pagine.
In un mercato che non cresce, o che addirittura cala, come nel caso di quello dei quotidiani di carta, la crescita la si fa rubando quota ai competitor. Al di là delle singole specifiche, l’impressione è che la “nuova” Repubblica gratifichi i suoi attuali lettori ma non fornisca sufficienti stimoli a cambiare ai lettori degli altri quotidiani a cominciare da quelli del rivale storico: Il Corriere della Sera, e che dunque fallisca in tal senso.
Con un tale impegno di risorse, umane ed economiche, si sarebbe dovuto “osare” di più nel riconcepire il giornale non solo graficamente. Per dirla in una battuta, a mo’ di voto scolastico, mio personalissimo voto 7 meno.
Ben diversa la questione per quanto riguarda la versione online del giornale e la nuova web app. Infatti, mentre il sito di Repubblica continuerà ad essere aperto e completamente gratuito si è scelto di lanciare Rep, applicazione, a pagamento dopo il primo mese di prova gratuita, che contiene una selezione di contenuti sia del giornale di carta [approfondimenti, commenti, inchieste] che dei magazine, anticipazioni degli inserti e così via.
Più di uno gli aspetti che mi lasciano più che perplesso sulla scelta effettuata.
In primis, per come è concepita, l’impressione è che si rivolga più a coloro che acquistano il quotidiano cartaceo. In questo modo invece che espandere pubblico, e ricavi, rischia al contrario di cannibalizzare le vendite del giornale in edicola e di deprimere ulteriormente le già scarse vendite delle copie digitali del quotidiano. Un gioco a somma zero, ben che vada.
Inoltre, come giustamente suggerisce Lorenzo Biscontin, amico e collega che svolge il mio stesso lavoro focalizzandosi in particolare sul mondo del vino, in termini di branding complessivo mi pare rischioso rinnovare o realizzare ex novo alcuni pezzi [aka linee prodotto] e lasciarne “vecchi” altri. L’effetto su brand Repubblica potrebbe essere tutt’altro che positivo facendo diventare il sito del quotidiano con la maggior audience del nostro Paese un prodotto di serie B, frutto forse più di una scelta “ideologica” che non manageriale.
Soprattutto, anche alla luce dei risultati, scarsi o nulli, ottenuti da la versione “premium” de La Stampa, non credo che funzionerà in termini di modello di business per generare ricavi aggiuntivi per il gruppo editoriale. La Repubblica è un giornale fortemente identitario con un lettorato chiaramente schierato. Invece che predisporre un “bel pacchetto” di offerta, qual è l’idea di fondo di Rep, avrei puntato su elementi di club, di membership.
I club, con una giusta proporzione tra vantaggi di accesso [contenuti], materiali [sconti, offerte], psicologici e di riconoscimento [l’appartenenza, affinità] sono l’opzione migliore per sviluppare un modello di business sostenibile per un giornale quale Repubblica. Al di là del contenuto e valore per il cliente per il quale il prodotto specifico è percepito, deve essere basato su benefici che vanno oltre la materia-il medium e il suo contenuto, sconti, offerte, ecc. In sintesi, il fondamento del marketing della fidelizzazione applicato a un ambiente in cui i mezzi di comunicazione sono sempre più social[i], più focalizzati sulle relazioni e la reputazione. Per costruire un modello di pagamento effettivo non bisogna essere “ossessionati” con il prodotto, ma con il suo pubblico fedele e sul come costruire relazioni di valore tra il media, tra la testata ed pubblico. I contenuti sono la base, la reputazione e la comunità, le chiavi del successo.
Le relazioni personali sono ciò che guida una crescente quantità di consumo dei media di attività correlate al momento – non prodotti, ma le persone. Questa tendenza è stata alimentata dai social media come Twitter e Facebook, ma non è stato creato da loro. Si tratta di un desiderio innato dell’uomo. I migliori modelli pay devono approfittare di quel desiderio e costruire paywall che si basano su rapporti dei lettori, anche con scrittori, giornalisti, specifici. Il valore di questo approccio deriva non solo dal fatto che si adatta al modo in cui le persone consumano i mezzi di comunicazione.
Tutto questo manca in Rep che invece continua ad essere fortemente incentrata sul prodotto tout court con una gestione del portfolio prodotti che complessivamente mi appare non congrua.
Sempre per dirla in una battuta, a mo’ di voto scolastico, mio personalissimo voto 4 e mezzo. Mi spiace ma, secondo me, con tutto il rispetto per i tanti amici e conoscenti che vi lavorano, non ci siamo proprio [ma buona fortuna, comunque, per principio].
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Grazie Pier Luca per le considerazioni fatte. Aggiungo che tra qualche tempo i fruitori di Repubblica.it smetteranno di visitarla per via dei troppi articoli che rimandano all’app a pagamento. Troppi rimbalzi stancheranno…