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Una sele­zione ragio­nata delle noti­zie di oggi su media, gior­na­li­smi e comu­ni­ca­zione da non per­dere.

Gli altri giorni della settimana que­sta rubrica è parte inte­grante di Wolf e dun­que viene pub­bli­cata gra­tui­ta­mente solo il venerdì. Se non volete per­der­vela potete abbonarvi per molto meno di un caffè al giorno. Per capire meglio cosa è Wolf potete leggere cosa dicono di noi quelli della World Association of Newspapers and News Publishers,  consultare gratuitamente lo “speciale” del 100° numero reso disponibile gratis online e leggere cosa ne pensa una nostra abbonata. Infine, il Corriere della Sera ha inserito Wolf nell’olimpo delle newsletter internazionali.

  • Carosello – Compie sessant’anni oggi, ma sembra ieri, il Carosello,  che ha scandito le serate di adulti e bambini dal 3 febbraio 1957 sino al 1977. E’ storia della pubblicità ma soprattutto del costume, è un pezzo di Italia, archeologia culturale di un paese completamente cambiato che Carosello rappresentava per molti aspetti. Tutto nacque per effetto di una legge che proibiva la pubblicità all’interno delle trasmissioni. Ecco dunque l’idea di fare uno stacco concentrando “le reclame” ma con una rigida scaletta: un tot di secondi di pubblicità, un tot di citazioni del nome del prodotto, un numero di secondi da dedicare invece all’intrattenimento – musicale o comico – la cui trama doveva essere però estranea al prodotto.  Il primo Carosello trasmesso in assoluto fu “Le avventure del signor Veneranda” per il Brandy Stock 84 con la regia di Eros Macchi e Macario protagonista. Nella stessa prima puntata c’erano Shell [sicurezza nel traffico, Giovanni Canestrini parla di: guida a destra o guida a sinistra?], l’Oréal [con Mike Bongiorno], Singer [Quadrante alla moda con Mario Carotenuto] e Cynar [L’arte del bere con Carlo Campanini e Tino Bianchi]. Archeologia della pubblicità.
  • 3 Milioni di Abbonati per il NYTimes – Il New York Times supera la soglia dei 3 milioni di abbonati a pagamento online. Ma la raccolta pubblicitaria per la carta stampata cala nel quarto trimestre del 20%, portando la flessione del 2016 al 16%. La pubblicità digitale invece cresce, salendo del 6% lo scorso anno a 209 milioni di dollari. I ricavi totali del New York Times sono scesi nel 2016 del 2% a 1.6 miliardi di dollari. L’utile operativo è calato a 102 milioni. I ricavi da circolazione sono saliti del 3% a 881 milioni di dollari. I ricavi da abbonamenti solo online sono balzati del 17% a 233 milioni di dollari. «Continuiamo a sperimentare significativi venti contrari nella pubblicità per la carta stampata, ma la solidità del nostro business bilancia le sfide del mercato. Restiamo concentrati sui costi mentre continuiamo a investire nella crescita digitale e nell’innovazione» afferma Mark Thompson, amministratore delegato del New York Times. Il dilemma del prigioniero.
  • Diffamazione “Attenuata” se via Facebook – Facebook è un «mezzo di pubblicità» capace di amplificare indefinitamente la diffamazione, ma il social network non può paradossalmente essere equiparato alla stampa,medium ormai molto meno pervasivo del web 2.0 eppure perseguibile con sanzioni penali ben più gravi. La Cassazione però ha bocciato il ricorso della Procura ligure, ribadendo un precedente del 2015 secondo cui la bacheca del social network può essere incasellata agevolmente nell’articolo 595 del Codice penale, ma solo nella seconda ipotesi del comma 3 [non «stampa» ma «altro mezzo di pubblicità»]. Non è quindi applicabile la legge 47 del 1948 [Disposizioni sulla stampa, diffamazione, reati attinenti alla professione e processo penale] che per la diffamazione aggravata dal fatto determinato prevede da 1 a 6 anni di carcere . La Quinta sezione della Cassazione – sentenza 4873/17, depositata l’altro ieri – torna ancora una volta sul tema, sensibilissimo, della legge applicabile al mondo digitale, scontrandosi però ancora una volta con regole non più attuali, o comunque da ripensare e riequilibrare, il prima possibile.
  • Rottura di Bolle – Leggere opinioni opposte alle nostre potrebbe non aiutare ad allargare il nostro punto di vista: l’economista Tyler Cowen propone allora un metodo alternativo. A suo avviso tre le possibili soluzioni: 1) Provare a leggere più autori che hanno punti di vista diversi dai vostri. Read Across the Aisle, per esempio, è un’app che incoraggia gli utenti a leggere importanti intellettuali con opinioni diverse dalle proprie; 2) Uscire e incontrare più spesso le persone con cui non siamo d’accordo. Provare antipatia per le persone è molto più difficile quando ci si trova faccia a faccia, invece che su internet; 3) Tenete un diario, scrivete un blog o create un nuovo account Twitter anonimo. Usando quel mezzo, scrivete di tanto in tanto delle cose a sostegno di posizioni con cui non siete d’accordo. Belle idee che, ahimè, non riusciranno a vincere il “pregiudizio di conferma”.
  • Falsi Nemici delle Notizie False – Il direttore de Il Post torna a parlare di fake news e dintorni, tema del quale è grande esperto e sul quale ha anche scritto un libro di assoluta attualità. In risposta all’articolo di Pisapia sulla questione pubblicato su Repubblica, scrive: «[…] ridurre la complessità della realtà a un timbro di vero o falso e a delle responsabilità e conseguenze esatte è impossibile in gran parte dei casi (lo dice uno che ha scritto di notizie false per anni, ma da analista, non da giudice), ancora di più farlo in maniere condivise e ufficiali […] non si può pensare che i promotori più essenziali di un’iniziativa del genere – i mass media tradizionali e la politica – promuovano una cosa di cui sarebbero i primi sanzionati: politica e giornali sono oggi in Italia i maggiori utilizzatori strumentali delle notizie false. Sono i loro strumenti del mestiere, l’una per ragioni di ricerca di consenso, gli altri per ragioni di economie e ricerca dei lettori, in un contesto che non ha costruito una cultura dell’attenzione alla verità che attenui queste spinte, anzi va demolendola sempre di più».  Luca Sofri santo subito!
  • La Membership Funziona – Il Guardian, che ha lanciato il proprio programma di membership, in alternativa ad altre forme più coercitive, nel 2014, dopo un timido avvio ora decolla. Infatti, secondo quanto riportato, se nel 2015 erano solamente 15mila i membri paganti, il 2016 si chiude con ben 200mila sottoscrittori ed ora il quotidiano inglese punta a quota un milione entro il 2019. David Magliano, managing director, membership, marketing and consumer revenue, intervistato in esclusiva nel mio libro sul tema, dichiara: «This is not just a paywall under another name. People that become members don’t get extra or exclusive content; they sign up because they fundamentally agree and think it important that the Guardian’s journalism remains open». In queste poche parole è racchiuso tutto il mondo della membership, il sentirsi parte di una missione e di una vicenda comune.
  • Lego Life – Mancava un mattoncino all’onnipresenza dei prodotti Lego, ed ecco fatto: si chiama Lego Life, ed è uno spazio online pensato per i giovani appassionati, al riparo da contenuti pericolosi. Un social network per i bambini, disponibile su piattaforma iOS e Android, dove i ragazzini possano informarsi sulle novità e condividere le loro creazioni. Per prevenire la pubblicazione di contenuti non adatti, Lego si è affidata a società di moderazione che sfruttano un doppio sistema di controllo – sia automatico che umano – che passa al vaglio ogni contenuto prima che vada online. Bravi!

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