Tinder, ne avrete sentito parlare, è un social network per attività di dating online.
Le attività di dating online sono particolarmente attenzionate nel recente periodo. Nel libro Dataclysm di Christian Rudder, si prova a dimostrare come lo studio di queste attività possa rappresentare un elemento fondamentale nello studio della natura umana. Potrebbe suonare altisonante, ma è tutto poco astratto e molto empirico. La logica è quella di poter trattare gli atteggiamenti delle persone esattamente come si farebbe con un qualsiasi reality show televisivo, con la differenza che nel caso specifico l’assenza della telecamera aumenta la fedeltà l’affidabilità dei feedback. Gli utenti agiscono semplicemente per come sono. Per azioni si intende tutto il set di attività, anche quelle non palesi, che vanno a ridurre il margine d’errore che potrebbe derivare dall’autopresentazione [magari gonfiata] del soggetto.
Gli utenti si interfacciano con una gran quantità di foto di altri utenti, in cerca di partner, con la sola possibilità di interagirvi o di scartarle. Le relazioni e le opportunità di incrociare altri utenti sull’app sono gestite inevitabilmente da un algoritmo, su cui Fastcompany prova a fare luce.
Dietro le quinte di Tinder ci sarebbe un indice di desiderabilità, che quindi assegna un ranking e un punteggio a ciascun utente, mediante il quale si riesce a matchare lo stesso con soggetti ritenuti affini o associabili. L’algoritmo si alimenta inevitabilmente delle migliaia di interazioni e attività che si effettuano all’atto della visualizzazione delle foto.
Non può essere chiaramente questo l’unico elemento discriminante. Inevitabile supporre che si elaborino anche informazioni in materia di riconoscimento delle immagini, che possano quindi stabilire se l’utente preferisca,ad esempio, i tatuaggi piuttosto che i piercing. Attività più rapide avranno meno rilievo di attività più lente, che dovrebbero recitare elementi di interesse più consistenti. Si accenna anche a riferimenti alle dinamiche di progresso dei videogame.
Il riferimento di Jonathan Badeen, Co-Founder di Tinder, è a Warcraft, dove ciascun personaggio aumenta i suoi punti esperienza in base al livello degli altri personaggi con cui si interfaccia. Tanto più sarà rilevante l’interlocutore tanti più saranno i punti acquisibili dal contatto con lo stesso. L’autore Austin Carr racconta di aver avuto accesso al suo “Elo score” [questo il nome del valore di ranking], scoprendo di essere posizionato sopra la media. Racconta della possibilità di visualizzare altre informazioni. “Non vorresti conoscerle”, questo è ciò che gli analisti pare abbiano detto a Carr impedendogli di osservarle.
Quante altre cose riescono a conoscere di noi social media anche così poco complessi quanto a funzionalità?
- Il Caso Cambridge Analytica Spiegato al di là degli Interessi di Parte - 26 Marzo 2018
- Un’Analisi sull’Utilizzo di 6 miliardi di Emoji negli Ultimi due Anni - 17 Gennaio 2018
- Times e The Economist: la Strategia Vincente di Community e Verticalità - 14 Dicembre 2017