Partendo dai 64 modi di concepire la homepage di un sito di news, illustrati da Melody Joy Kramer, abbiamo [*] voluto riflettere su quanto è importante la homepage per un sito di news? Ovviamente, messa così, la domanda è un paradosso. Eppure a leggere con attenzione gli esempi dell’articolo “I 64 modi di concepire la homepage” l’interrogativo appare pertinente.
In Italia ci siamo abituati a pensare alla home di un sito di news col medesimo approccio con cui consideriamo la prima pagina di un giornale: ossia una “vetrina” di tutti i migliori contenuti presenti nel sito. Non che sia sbagliato ma forse si tratta di una visione limitata o che perlomeno più legata alla cultura cartacea che a quella digitale. Alcuni tra i 64 esempi sono illuminanti al proposito. Prendiamo Google, per esempio. Si può dire che è un sito senza home poiché oggi la ricerca tramite motore la si può effettuare direttamente dal browser preferito e con la profondità di una sola pagina, quella dei risultati.
La “funzione” di Google – motore di ricerca – determina la struttura e l’organizzazione delle loro pagine. Niente orpelli e immediatamente una lista [se vogliamo anche lunghissima] di risultati, ma con certamente tra i primi cinque, al massimo dieci, quello che si stava cercando.
L’esempio di Google, che potrebbe sembrare non pertinente se si pensa a siti di quotidiani, ha una “funzione” chiara e svolge efficacemente il proprio compito nel far trovare quello che si cerca. E’ essenziale e non tenta di strapparti click aggiuntivi con cose che nulla hanno a che vedere con la richiesta iniziale. In maniera analoga sono gli schemi di Twitter e di Reddit che però, invece di presentare una lista di risultati, mostrano le notizie aggiornate [e preferite e votate nel caso di Reddit] dalla comunità degli utenti.Ossia, nei tre casi che conosciamo benissimo, la funzione del sito determina prima ancora che la home (praticamente irrilevante o inesistente) la struttura stessa del sito.
Certamente i siti di giornali non possono avere la medesima semplicità della pagina Google, eppure la vera sfida, anche per i quotidiani online, è quella di definire quale sia la propria “funzione”. Compito complesso, non c’è dubbio. Come si diceva in precedenza, in Italia la homepage è immaginata un poco come la prima pagina di un quotidiano, ma con la visione di qualche decennio addietro quando in copertina si cercava di infilarci il più alto numero di richiami possibile [#].
La sensazione, nello scorrere il rullo di moti siti di quotidiani italiani, è di una certa confusione in qualche modo voluta. Si cerca di accontentare potenzialmente un numero il più elevato possibile di potenziali utenti offrendo il ventaglio più ampio di notizie e letture in susseguirsi in cui politica, esteri, cronaca e cultura si rincorrono e si sovrappongo. In media solo lo sport, il calcio a dire il vero, normalmente mantiene spazi fissi e riconoscibili.
Il senso della confusione poi aumenta grazie a due fattori:
– l’impaginazione a tre colonne, in cui fatta salva la parte iniziale della home dove il termometro delle news è sempre molto chiaro, poi si perde completamente il senso e la rilevanza di uno “strillo”;
– l’estrema, eccessiva lunghezza delle home, difetto presente un po’ tutti i siti di informazione nostrani.
Il risultato finale è troppo spesso una sorta di minestrone di oggetti grafici tutti uguali. Insomma, i giornali italiani nella loro versione online sembrano aver scelto di mostrarsi più generalisti di quanto non lo siano nelle versioni cartacee. Non aiuta poi la tentazione in cui si cade troppo spesso di scivolare nell’appeal di foto più o meno sexy dell’attrice o della cantante di turno.
Evidenziati dai cerchi, i richiami su Sanremo sui siti di diverse testate di rilevanza nazionale.
Immagini catturate alle ore 06 di oggi, due giorni dopo la chiusura del Festival
Definire la propria funzione per un quotidiano potrebbe anche e semplicemente tradursi nel selezionare i fatti rilevanti e far ordine nella rilevanza delle notizie. Organizzare il grande flusso di fatti, analisi, commenti e magari contributi dei lettori in qualcosa di facilmente consultabile e comprensibile potrebbe essere un buon inizio per una riflessione. Di esempi ben riusciti ai quali guardare con attenzione ne esistono parecchi.
La home del New York Times è un ottimo esempio di equilibrio tra organizzazione e numero adeguato di richiami. Gli spazi sono spesso divisi in mini sezioni [opinions, sunday review, weekend reads] che razionalizzano l’offerta e agevolano la ricerca.
Usa Today, col suo “look and feel” visualmente più moderno, ha un approccio diverso, ma non meno interessante. Il sito ha una home e è suddiviso in otto sezioni, dalle News al Tempo, ciascuna contraddistinta da un codice colore. La homepage [su cinque colonne] è un compendio delle sezioni interne, laddove ogni singola notizia, oltre a una foto, riporta anche il timbro colore della sezione di appartenenza. L’ultima colonna della homepage è destinata alla classifica delle Top Stories, seguite dalle “Most Popular”, “Trending on Social” e chiude con “Right Now”, una sorta di pannello di strilli sugli aggiornamenti “live” più importanti in cui evidentemente il gol del Barcellona può venire subito dopo l’ultima notizia sui fatti da Copenhagen.
Dopo la home, si entra direttamente nelle sezioni che non sono mai eccessive nel numero di richiami. La pagina delle News conta una trentina di notizie nel colonnone portante che è affiancato da un colonnino di richiami minori impaginati a lista. La navigazione tra una sezione e l’altra è in orizzontale, a scorrimento come quando si sfoglia una pagina, e avviene tramite l’immancabile freccia – a destra e a sinistra – a metà schermo, sulle due estremità.
L’altro esempio da citare potrebbe essere quello del Guardian. Di come sia stato il recente restyling ne abbiamo parlato qui. Ecco, quello del Guardian è l’esempio più recente di come ridisegnare la versione online di un giornale. E nel loro caso il processo è avvenuto dal basso. La struttura di in sito di informazione è inevitabilmente a albero, con le varie sezioni e sottosezioni che partono come rami. Al Guardian sono partiti disegnando i rami per arrivare al tronco, la home. Non il contrario.
Può sembrare un concetto semplice, ma se si considera che una pagina può svolgere infinite funzioni, si capisce quanto sia importante ragionare su come individuare la funzione da affidare a quella particolare pagina che chiamiamo homepage.
In linea generale, per capire quali funzioni far svolgere a un particolare sito, e per “pesare” ognuna di esse, è necessario partire dai bisogni degli utenti ai quali il sito è destinato, leggendo questi bisogni alla luce degli obiettivi di business e i valori identitari della testata. Questo processo di definizione “profondo” è l’ambito in cui lavora con le sue tecniche l’Architetto dell’Informazione, di concerto con gli stakeholders.
Variare il modo in cui si miscelano questi tre elementi cambia il risultato finale. Pensiamo ad esempio a quanto i valori identitari di Ikea concorrono a definire i suoi spazi fisici e digitali rispetto a quanto avviene per Leroy Merlin.
Quando si progetta un sito di news, o un prodotto giornalistico in genere, i valori identitari tendono a essere prominenti, in particolar modo quando le strategie di business sono orientate a trarre profitto dalle possibili forme di affezione e dunque di affiliazione degli utenti al brand.
Come sappiamo, prima di Google le homepage erano le uniche pagine indicizzate dai motori di ricerca [gli indici si facevano a mano e costava fatica]. Era quindi naturale che la funzione principale di una homepage fosse quella di fungere da “portale” verso il resto del sito. Oggi però il primo contatto con un un sito avviene attraverso le pagine in cui leggiamo un’articolo che ci interessa, un video, o la scheda tecnica di un prodotto. Arriviamo a queste pagine attraverso Google (che indicizza i siti per intero) oppure grazie alle segnalazioni dei nostri amici sui social network. Per questa ragione oggi la funzione di “portale” deve essere presente in ognuna di queste pagine, ma in subordine rispetto alla funzione narrativa principale di ognuna di esse [chi vuole può approfondire il tema qui].
In quest’ottica, la homepage è la pagina dove vuoi che i tuoi utenti vadano dopo aver scoperto il tuo sito in un social network, come ha suggerito Wolfgang Blau, direttore delle strategie digitali del Guardian. Ma perché dovrebbero farlo? Se rispondi a questa domanda, sai come deve essere fatta la tua homepage.
Un buon punto di partenza è considerare l’homepage come la pagina che dovrà comunicare al meglio l’identità del brand. Per farlo, essa ospita al suo interno un grappolo di “funzioni standard” [uguali per tutti i siti] e una macro-funzione che va invece trovata di volta in volta. Il grappolo di funzioni standard risponde agli utenti che si domandano: per chi stai facendo il tuo lavoro? perché lo stai facendo? come si usa questo ambiente? da quanto tempo lavori a questo prodotto? per quanto tempo ancora lo farai? chi sei tu? come fare per contattarti? Per rispondere, a volte può servire un’intera sotto-pagina, penso ad esempio alla gerenza di una testata giornalistica, in altri casi basta un’etichetta, come quella che recita “24 ore su 24” presente nella testata di Repubblica.it.
La macro-funzione che completa la pagina è quella che, fra tutte quelle identificate nel corso della progettazione per rispondere ai bisogni degli utenti, viene considerata più coincidente con l’identità stessa del brand o della testata.
Repubblica.it, come molti siti di testate giornalistiche, ha scelto di attribuire alla propria homepage la macro-funzione di “mostrare le notizie più importanti in questo momento”, giudicando di considerare le real time news ciò che meglio definisce il proprio ruolo digitale. I numeri di Repubblica.it dimostrano che questa funzione oggi corrisponde bene a un bisogno diffuso e sentito dagli utenti, tuttavia questo non significa che non sia possibile individuare funzioni giornalistiche diverse, con un forte potenziale identitario, che corrispondano a bisogni altrettanto marcati. Crediamo che la partita del giornalismo digitale dell’immediato futuro, si giocherà proprio su questo terreno. Le tecniche e le tecnologie seguiranno, non guideranno questo processo.
Insomma, per i quotidiani definire la propria funzione è molto più complesso che per Google perché i giornali sono o dovrebbero essere spazi dove le notizie sono aggregate in base a scelte e ragionamento, non sulla base di algoritmi. Anche il caos può essere organizzato in maniera da renderlo intellegibile.
Ma, se come si è detto dopo la pubblicazione dell’internal report del NYTimes, l’home page è morta, ha senso continuare a dedicarle così tanta attenzione? Per provare a dare una risposta al quesito abbiamo elaborato i dati più recenti disponibili sulla fruizione di alcune tra le principali testate del nostro Paese.
Partendo dai dati Audiweb del dicembre 2014, abbiamo selezionato le testate per i quali era disponibile sia il dato del totale traffico che quello relativo invece alla sola home page. I dati delle 17 fonti d’informazione mostrano come soltanto per 3 di queste l’home page abbia un peso superiore al 50% del totale degli utenti unici nel giorno medio.
Pur escludendo Blogo.it, per il quale l’home page pesa meno dell’1%, sono diverse le testate per le quali il numero di utenti unici che arrivano, e leggono, l’home page oscilla tra un terzo ed un quarto del totale degli utenti unici. Si tratta di un dato che si acuisce ulteriormente per quanto riguarda l’audience da mobile che per ben sette testate non supera il 10% del totale.
L’elaborazione dimostra insomma come siano sempre più i singoli articoli, in funzione delle ricerche e delle condivisioni sui social network, e non la home page, il primo punto di accesso. L’ approccio di Reuters al riguardo è emblematico in tal senso.
Come emergeva da uno studio di Charbeat, i lettori che vanno direttamente all’home page di un sito di notizie sono i più propensi a tornare. Emerge infatti che circa l’80% di coloro che visitano un sito direttamente tornerà entro una settimana, rispetto a un tasso medio di circa il 30% complessivo. Convincere le persone a visitare direttamente l’edizione online di un quotidiano è un forte segno di contenuti di successo del brand del giornale perchè questo tipo di pubblico non solo torna più spesso ma passa anche più tempo sul sito.
Le notizie però sono sempre più unbranded, come già emergeva dal Digital News Report 2014 del Reuters Institute for the Study of Journalism, e come conferma la nostra elaborazione. Commodity in cui il valore dei singoli brand, delle singole testate, è costantemente in calo. Un decennio di tatticismi, di rincorse all’ultimo click hanno generato: una perdita di fiducia e di valore del brand delle testate distrutte, tra le altre cose, nella dicotomia delle loro versioni online rispetto a quelle cartacee.
Il problema da risolvere è dunque a monte. Non si tratta di layout, design grafico e user experience, che certamente aiutano a parità di condizione, ma di lavorare sulla relazione con i lettori, con le persone, e, appunto, sul branding, sulla costruzione di valore del marchio della testata. Si chiama marketing, pare.
[*] NB: Oltre a Massimo Gentile e Pier Luca Santoro alla redazione di questo articolo ha fornito il suo prezioso contributo Federico Badaloni
[#] Nota: Essendo il testo multi autore alcuni passaggi non necessariamente rifletto l’opinione di tutti coloro che hanno collaborato alla redazione del pezzo
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