Left nasce nel 2006 attraverso la trasformazione editoriale della precedente Avvenimenti. Il suo nome, oltre al chiaro e dichiarato riferimento politico, si spiega in origine come acronimo delle parole simbolo della rivoluzione francese, Liberté, Egalité, Fraternité, con l’aggiunta della T di Trasformazione.
Dal novembre del 2011 ha rinnovato grafica e contenuti ed è uscita per due numeri in allegato promozionale con l’Unità, per poi uscire con il giornale ogni sabato a partire dal 12 maggio 2012.
Da quando l’Unità ha chiuso, il 31 luglio, la rivista ha continuato ad essere distribuita nelle edicole da sola realizzando vendite bassissime, che ad agosto non hanno superato le 6mila copie, indicatore che dal rapporto con l’Unità la rivista non ha guadagnato lettori, visto che non ha conquistato nessuno degli orfani del quotidiano.
Nonostante una redazione ridotta, composta da otto giornalisti, due poligrafici, un amministrativo, la testata in questione ha accumulato circa 150mila euro di debiti in sei mesi ed è stata chiusa da un giorno all’altro.
Pare che la motivazione principale alla rinuncia da parte di Matteo Fago di sostenere economicamente e rilanciare la testata dipenderebbe da problematiche legate a possibili conflitti relativi ai contributi pubblici per l’editoria essendo lo stesso parte di Nie, la società editrice messa in liquidazione per perdite pari a 25 milioni di euro per il fallimento de l’Unità.
Fago, che è proprietario anche del dominio della testata il cui sito web è stato completamente oscurato per 36 ore [perchè?], ha interrotto le trattative, in corso da mesi, per la ricapitalizzazione della testata a giochi fatti, quando i soci della cooperativa non avrebbero mai avuto il tempo di ripianare i debiti per tempo, nonostante, come riporta Il Fatto, avesse chiesto e ottenuto la nomina di un condirettore di fiducia, Ilaria Bonaccorsi, sorella di Luca Bonaccorsi che aveva tentato la scalata a Liberazione, che poi ha chiuso, ed è stato direttore di Terra, che anche in questo caso ha chiuso.
Un gruppo di persone che, per usare un eufemismo, non pare certo brillare per capacità manageriale e gestionale vista la lunga fila di fallimenti in ambito editoriale. Non a caso, forse, a Fago è stato poi preferito Veneziani per il rilancio de l’Unità.
Potrebbe essere che si sia spinto ad accumulare debiti con false promesse con l’intento di acquistare poi la testata dal curatore fallimentare guadagnandoci rispetto al ripianamento dei debiti ed avendo anche diritto agli ammortizzatori previsti per i nuovi assunti nella nuova società che diventerà proprietaria di Left, testata senza giornalisti né debiti a quel punto. O più banalmente potrebbe essere l’ennesima dimostrazione di carenza di professionalità.
Comunque la si veda è certo che la chiusura improvvisa di Left è davvero una strana storia, difficile credere nel lieto fine nonostante le speranze dell’ex direttore Giovanni Maria Bellu.
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