Che le speranze di recupero di ricavi significativi per i giornali attraverso le app siano decisamente ridotte, o nulle, è un aspetto sul quale mi sono soffermato più di una volta, anche recentemente.
I dati pubblicati da paidContent relativamente a «The Guardian» e «The Times» mostrano come anche per i quotidiani anglosassoni la strada sia tutta in salita con il primo che, secondo quanto riportato nel report annuale 2012, ha un tasso di conversione del 2,1% sui 804,000 downloads dell’applicazione per iPad [pari a 17mila abbonati a pagamento] ed il secondo che si ferma addirittura al 0,82%.
Tassi di conversione e redditività davvero ai minimi se si pensa che «The Guardian» ha raggiunto i 60 milioni di utenti unici con il proprio sito web – gratuito – ed ha una vendita dell’edizione cartacea di circa 211mila copie. Stesso discorso per il quotidiano di Rupert Murdoch che vende oltre 400mila copie ed ha dichiarato di avere raggiunto ad aprile 8,6 milioni di utenti unici dopo essere cresciuto di 1 milione circa in un solo mese a seguito di massicci investimenti sull’online pari a circa 15 milioni di euro.
Dati che, come dicevo, sono da inquadrare in un panorama più ampio in cui social media e aggregatori di prima e seconda generazione non rendono interessante per le persone, ancor meno se a pagamento, l’applicazione dedicata della singola testata.
Quali possibilità dunque per i giornali dai tablet?
Le opportunità potrebbero venire proprio dagli aggregatori di seconda generazione quali Zite e Flipboard come dimostrano i recenti accordi tra Flipboard e «The New York Times», ed anche quello tra Pulse e «The Wall Street Journal». In questo modo l’esperienza di lettura potrebbe essere più personalizzata e, come dichiara Akshay Kothari, co-fondatore di Pulse, riuscire così a rendere maggiore rispetto all’attualità la disponibilità dei lettori a pagare per contenuti maggiormente focalizzati sui propri interessi specifici.
Se, come dicevo a Piero Vietti, Responsabile del sito internet del «Il Foglio», pochi giorni fa, mi offrissero la possibilità di pagare un abbonamento mensile per ricevere soltanto gli articoli dei giornalisti o degli argomenti che mi interessano direi di sì. Ipotesi sostenuta anche da Arianna Ciccone, Fondatrice Festival Internazionale del Giornalismo, e molto probabilmente da tanti altri.
[tweet https://twitter.com/_arianna/status/236721165706600448 align=’center’ lang=’it’]
Obbligare il lettore a pagare anche per contenuti che non interessano come è stato fatto sin ora, replicando anche per i tablet il modello generalista dei giornali è una strada perdente. La personalizzazione dei contenuti resa possibile dal digitale, magari anche grazie agli aggregatori, è una strada da esplorare con maggior attenzione di quanto sia avvenuto sin ora come dimostra il tentativo, ancora una volta del «The Guardian» che ha appena [ri]lanciato una app dedicata esclusivamente alla fotografia di qualità che ha ottenuto un numero maggiore di downloads rispetto a quelli dell’applicazione del quotidiano inglese nel suo insieme [1 milione Vs 804mila].
È chiaro che il futuro offre grandi opportunità. È anche disseminato di trabocchetti. Il trucco consiste nell’evitare i trabocchetti, prendere al balzo le opportunità e rientrare a casa per l’ora di cena, diceva Woody Allen in Effetti collaterali. Forse è proprio quello che si tratta di fare.
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=BjGNuMMMJ18]
- Libero è il Quotidiano nel Quale gli Italiani Hanno Minor Fiducia - 14 Giugno 2023
- DigitalMente - 28 Aprile 2023
- Gli Utenti degli OTT in Italia - 26 Aprile 2023
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.