E’ ormai una settimana che quello che più di qualcuno inizia addirittura a definire come “Twittergate” tiene banco in Rete e sui principali quotidiani italiani.
Il sottoscritto se ne è tenuto volutamente lontano anche perchè il caso vuole che un paio di giorni prima della pubblicazione della desk research su Grillo avessi detto quel che penso, al di là dei casi specifici, sulla corsa ai followers.
L’unica integrazione che mi sento di fare è inerente al fatto che una ricerca, uno studio per essere tale deve riportare nella presentazione dei risultati un commento che spieghi, che interpreti e fornisca una chiave di lettura dei dati proposti, altrimenti non ci si può sorprendere se questi non vengono compresi o mal interpretati. Se poi fosse indicata anche la percentuale statistica di errore, la varianza possibile tra l’esame del campione e la sua esplosione sul totale, sarebbe ancora meglio. Quando si fanno degli studi con un intento promozionale è bene prestare attenzione ai dettagli altrimenti è abbastanza probabile l’effetto boomerang.
Per restare in tema mi sono divertito a produrre una provocazione analizzando i followers falsi e quelli inattivi dei principali quotidiani italiani e dei cosidetti superblog.
Utilizzando un tool: “Fake Follower Check”, applicazione realizzata allo scopo, ho realizzato un’elaborazione della presenza su Twitter elencando testata, account, il numero di followers e quanti di questi siano falsi, inattivi o “veri” – attivi.
Forse il dato più interessante è relativo a quanti di questi siano inattivi. Una percentuale compresa tra il 35% ed il 57% che conferma come la corsa ai followers e/o ai fans sia un un nonsenso, un elemento che se non qualificato e pesato, integrandolo con altri fattori ed elementi, non ha pressoche alcun significato.
Si nota come il maggior numero di follower “fake” si concentri sulle testate che ne hanno un maggior numero. Elemento che gli stessi programmatori che hanno realizzato lo strumento avvertono essere suscettibile di un maggior margine di errore per account su Twitter che hanno più di 10mila followers. In buona sostanza al crescere del numero di followers la percentuale di errore cresce; è bene tenerne conto nella lettura dei dati.
Se qualcuno dei responsabili delle testate prese in considerazione inavvertitamente passasse per questa TAZ, mi permetto di consigliare una ripulitura degli account attraverso i diversi strumenti che lo consentono. Personalmente io periodicamente uso questo, che mi consente anche di verificare una serie di altri parametri ai quali ritengo sia doverso prestare attenzione.
E’ ora di cessare una volta per tutte il “celolunghismo” promozionale, pratica tanto diffusa quanto inutile. E’ questo il senso della provocazione odierna.
Update [ore 9.45]: Da leggere con attenzione l’articolo di Piero Tagliapietra. Analisi e revisione dei dati da manuale e conclusioni sulla necessità di analizzare anche gli utenti inattivi come proposto/realizzato dal sottoscritto.
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Forse è solo una mia impressione, ma le testate che hanno più follower attivi sono quelle che hanno meglio compreso “come si usa Twitter”, non solo per il rilancio di articoli ma anche per forme di comunicazione più mirate, probabilmente con almeno una persona che si dedica full time o quasi alla comunicazione sui social media.
Mah, finora l’utilizzo è al 99,9% promozionale; poca-nulla la conversazione, direi. Se non l’hai letto, in tema di interazione: http://giornalaio.wordpress.com/2012/07/23/mi-piaci-ma-quanto-mi-piaci/
Ciao
PL
Non mi hai inserito tra i Superbloggers italiani nel tuo studio, sono profondamente offeso 🙂