Ragionavo con Giuseppe Granieri sul tema delle tendenze. Dopo l’ennesimo catastrofismo sulla scomparsa ormai prossima dei giornali, è infatti di questi giorni l’annuncio della scomparsa anche di Facebook.
Partendo da questo tema ci siamo brevemente confrontati sul tema delle tendenze, con Giuseppe che giustamente sosteneva che “pensare a come sarà la rete tra 8 anni è un po’ provare a immaginare lo sbarco sulla luna nel 1500”, aggiungendo che “è per questo che le tendenze sono -oggi- più importanti della realtà che si osserva mentre accade”.
Ragionamento complessivamente condiviso dal sottoscritto al quale ho però ritenuto opportuno fornire una specificazione: “Da “markettaro” la capacità di comprendere e anticipare – se sensato e possibile – le tendenze è una parte rilevante del mio lavoro, senza però mai perdere la bussola con fughe in avanti o dimenticandosi, abbandonando l’esistente che fa cassa”.
Se sul tema della morte di Facebook l’infografica di qualche giorno fa fornisce chiarezza sugli assett del social network rispetto a Google, che ne esce assolutamente vincente, si rendono ora disponibili dati che consentono di verificare le tendenze per quanto riguarda il comparto dell’industria dell’informazione.
Già l’entusiasmo per il digitale mostrato da John Paton si scontrava con i numeri da lui stesso dichiarati, tassi di crescita straordinari ma valori davvero risibili del digitale con un risultato di 26 milioni di $ su un totale di 1.4 miliardi di dollari di ricavi totali del gruppo editoriale del quale è CEO, come veniva giustamente fatto notare nei commenti.
Una goccia nell’oceano confermata dai ricavi in ambito digitale/online del «Mail Online», uno dei primi tre siti d’informazione al mondo per numero di visitatori, e dalla tendenza del «The New York Times», anch’esso, insieme all’«Huffington Post» nella top five mondiale, che nell’ultimo trimestre ha addirittura visto una contrazione su questo fronte.
Questo per quanto riguarda la situazione attuale, e le tendenze future?
Le tendenze future mostrano come gli investimeti pubblicitari sulla carta non scompariranno assolutamente sia a in Gran Bretagna che per quanto riguarda più direttamente il nostro Paese con i ricavi del digitale decisamente in crescita ma non altrettanto ARPU e profitti.
Tendenza confermata anche a livello mondiale come i dati previsionali sino al 2015 di PwC e di ZenithOptimedia che evidenziano una sostanziale stabilizzazione dei ricavi derivanti dalla carta, sia per quanto riguarda le vendite che le revenues pubblicitarie, e una quota minoritaria del digitale.
Questo ovviamente non significa restare immobili ed arroccarsi sulle attuali posizioni difendendole allo stremo, ma presuppone l’identificazione delle distinte tipologie di consumo delle notizie e la definizione di come soddisfarle, senza liquidare brutalmente [e superficialmente?] la versione cartacea dei giornali ma reinventandone, ridefinendone il ruolo in un’ottica multipiattaforma di convergenza tra le distinte versioni.
E’ una storia che in termini di prodotto «Il Fatto Quotidiano», con risultati che nessuno si sarebbe atteso sia sulla carta che online, mostra essere possibile e sensata anche nel nostro Paese, alla quale l’informatizzazione delle edicole può fornire linfa vitale per il recupero di risorse economiche che consentano all’intera filiera editoriale di guardare con minore ansia del momento attualmente vissuto al futuro.
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Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Dobbiamo ammettere che un pò di restyling a Facebook non guasterebbe. In merito alla scomparsa dei giornali, credo sia sotto gli occhi di tutti gli addetti che la situazione è più che critica. Userei la parola spariranno, per significare la notevole – notevole! (!) – riduzione delle vendite. La pubblicità potrebbe essere degna di un discorso a parte che esula dalle vendite.