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Settimana con i direttori di giornali di casa nostra protagonisti del dibattito sulle evoluzioni dell’industria dell’informazione.

La relazione di Ferruccio De Bortoli ai giornalisti del quotidiano da lui diretto è più centrata sulla realtà del «Corriere della Sera», come era inevitabile che fosse vista la platea alla quale si rivolgeva.

La visione del direttore del quotidiano milanese e la prospettiva, l’angolazione dalla quale osserva evoluzioni e complessità dell’ambiente, dello scenario di riferimento, emerge con chiarezza quando afferma: ” I giornali di carta, con le loro edizioni online e digitali, restano il presidio della credibilità e dell’autorevolezza, sono i moderni radiofari dell’identità, i certificatori che una notizia è vera e importante; sono in grado di selezionare, fornire al lettore o al navigatore un metodo per capire la complessità che lo circonda. Compongono l’agenda critica di una persona globale.”

Prospettiva che, personalmente, mi appare assolutamente naturale per il ruolo ricoperto da Ferruccio De Bortoli. Sorprende invece, eventualmente, l’utilizzo intensivo del termine soprattutto, come evidenzia la word cloud che ho realizzato partendo dalla sua relazione, forse teso ad enfatizzare i concetti espressi.

Da prospettiva ben diversa parte Luca Sofri, direttore del «Post», che stranamente utilizza altri spazi per veicolare gli appunti dell’intervento tenuto al Festival Internazionale del Giornalismo appena conclusosi.

In “Il mondo salvato dai giornalisti”, questo il titolo del suo intervento, il direttore della testata all digital, pur concentrandosi logicamente sul suo quotidiano si esprime a tutto campo sull’evoluzione in corso. Riferimenti sia alla realtà nazionale, con i quotidiani italiani accusati di essere “dilettanteschi e arretrati”, che richiami a fonti estere con un excursus su aggregazione ed aggregatori, e le ipocrisie vere o presunte del sistema giornalistico sul tema, passando per “traffic-whoring” ed approdando più volte all’aspetto commerciale della funzione dei mezzi di informazione, al dilemma del prigioniero che continua a connotare nel complesso la fase attuale.

In tema di revenues Luca Sofri afferma che: “[….] la pubblicità – non ha fatto il minimo sforzo per creare formati alternativi e nuovi dedicati alla rete e alle nuove tecnologie”, visione che mi sento assolutamente di condividere e che avevo espresso, più o meno, negli stessi termini nella mia personale analisi sul tema.

Una bella analisi che, come nel caso di Ferruccio De Bortoli, tradisce inevitabilmente la posizione del direttore del «Post» soprattutto nelle conclusioni che, se sono apprezzabili per l’ottimismo che infondono, stridono per la parte dei costi di gestione e delle logiche che sottostanno all’aggregazione che non sarebbe possibile senza qualcuno che produce i contenuti da aggregare sopportandone i costi; processo che rischia di generare un loop, l’hamsterization dell’informazione in Rete se non si trova il bandolo della matassa.

Come sempre, naturalmente, non esiste a mio avviso LA soluzione ma esiste certamente una soluzione adatta e specifica per ciascuna realtà. Credo sia davvero questo il punto nodale della [ri]partenza.

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