Escludendo il picco di ascolti durante la fase più acuta della pandemia, per quanto riguarda i telegiornali della sera, si passa da 14,28 milioni di telespettatori a giugno 2019 ai 12,61 del giugno 2022. Pari ad un calo del 11.7%.
Ma non sono solamente i telegiornali a registrare un calo. In base ai dati Auditel [ultimo disponibile ottobre] abbiamo ricostruito gli ascolti nei primi dieci mesi del 2022 nelle tre fasce orarie nelle quali si concentrano i maggiori ascolti televisivi: pranzo, cena e il cosiddetto prime time.
Il calo degli ascolti è costante, e significativo. Escludendo i mesi estivi, che naturalmente risentono del calo stagionale legato ad una maggiore propensione delle persone ad uscire di casa, ad esempio, ad aprile del 2021 nella fascia oraria dalle 12:00 alle 15:00 vi erano 14,7 milioni di italiani davanti al piccolo schermo. A aprile di quest’anno sono stati 12,5 milioni. Ossia il 14.96% in meno.
A febbraio, mese nel quale vi sono mediamente molte più persone davanti alla TV, nel 2021, nella fascia oraria tra le 18:00 e le 20:30, vi erano 20,1 milioni di telespettatori. A febbraio 2022 sono stati invece 18,7 milioni. Pari al – 6.95%.
Ed ancora, a ottobre 2021, nel prime time, 23,5 milioni di italiani guardavano la televisione. A ottobre 2022 sono diventati 20,3 milioni. 2,3 milioni in meno [- 13.61%]. Potremmo continuare nell’elenco di dati che testimoniano il calo degli ascolti televisivi della TV lineare, nonostante i dati Auditel includano sia gli ascolti live che quelli Vosdal [Viewing On Same Day As Live] e quelli del TS [time shifted] cumulato.
Esaminando i valori medi giornalieri da inizio anno, nella prima metà dell’anno gli spettatori nel “giorno medio” sono stati pari a 8,87 milioni, in flessione di circa un milione [pari a -10.2%] rispetto al corrispondente valore del 2021 [9,87 milioni]. Nel “prime time”, invece, la flessione è stata più intensa, pari a 2,8 milioni [da 23,47 milioni del primo semestre 2021 a 20,67 milioni del corrispondente periodo del 2022 [-11.9%].
Certo, mancano gli ascolti della TV non lineare, per i quali però Auditel avverte che la misurazione degli ascolti digitali sui device non è sommabile alla misurazione degli ascolti TV sugli individui, e bisogna attendere l’arrivo della cosiddetta total audience della televisione, che permetterà di conoscere, ad esempio, il numero e il profilo degli ascoltatori unici di una determinata campagna pubblicitaria o di un determinato contenuto editoriale, indipendentemente dalla modalità di visione e dal dispositivo su cui avviene la visione.
In attesa di tali dati, ci si può fare però un’idea vedendo i dati diffusi da Publitalia che parla di un calo di ascolti, dall’11 settembre al 31 ottobre, del 5.7% sul totale individui, che diventa del 8.5% sugli individui di età compresa tra 15 e 64 anni. E i dati della RAI secondo i quali il numero medio di ascoltatori del live streaming aggiunge dal 5 al 10%.
Certo, si tratta di informazioni parziali, e di parte, ma non parrebbe [il condizionale è d’obbligo] che gli ascolti on demand sia da smart TV che dagli altri device compensino il calo di telespettatori. Mentre invece, stando ai dati AGCOM, a giugno 2022, gli utenti unici delle piattaforme che offrono servizi di video on demand [VOD] esclusivamente a pagamento, a giugno 2022, sono 13,7 milioni, con una crescita di 232.000 navigatori rispetto allo stesso mese del 2021.
Insomma, provando a tirare le conclusioni in questa giungla di metriche non omogenee, il problema pare essere più una scarsa qualità dei contenuti offerti dai broadcaster tradizionali, sulla TV lineare e non, che determina una disaffezione nei confronti dei programmi televisivi, mentre invece i contenuti video su Internet, e i relativi investimenti pubblicitari, “volano“.
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