Audipress ha pubblicato i risultati della rilevazione II/2021 sulla readership dei quotidiani nel nostro Paese. Abbiamo elaborato i dati dal 2014, primo dato storico omogeneo ai successivi, sino all’ultima rilevazione resa disponibile in questi giorni.
Nonostante la riapertura degli esercizi commerciali, e in particolare dei bar che sono gli esercizi pubblici che più di altri mettono a disposizione degli avventori gratuitamente uno o più giornali, i lettori continuano a calare, anche rispetto alla rilevazione precedente, con 227mila lettori in meno nel giorno medio rispetto allo scenario I/2021.
Se si osserva lo scenario nel lungo periodo la situazione è ancora peggiore. Dal 2014 al 2021 i lettori dei quotidiani nel giorno medio calano di ben il 40.81%. Circa 7,9 milioni in meno. Un’apocalisse. Non vi è nessun altro media che nello stesso arco temporale registri un tale calo nella fruizione.
Nello stesso periodo più che dimezzati i lettori di età compresa tra 18 e 34 anni, il cui peso scende a meno di un quinto del totale. Altro indicatore che certamente non depone a favore delle prospettive future.
Questo nonostante, nello stesso arco temporale, i lettori di quella che Audipress definisce “replica digitale” siano più che triplicati. Anche se, pure in questo caso, i risultati siano tutt’altro che eclatanti in termini di incidenza sul totale lettori e a livello di valori assoluti, come del resto appare evidente anche dalle vendite di copie digitali, ed anche più in generale la lettura dei quotidiani online che vede il nostro Paese fanalino di coda nella UE.
Dati che si commentano da soli nonostante il tentativo di Audipress di mascherare la realtà dei fatti ponendo l’enfasi solamente sull’unico dato in qualche modo positivo, sottolineando la crescita della lettura delle copie digitali rispetto al periodo pre-pandemico.
Dati, anche, che pongono più di un interrogativo sull’utilità dei contributi a favore delle istituzioni scolastiche, statali e paritarie, per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani [e di altre iniziative di altri soggetti in tal senso].
E, soprattutto, che stridono rispetto alla crescita dei contributi diretti all’editoria che invece sono in crescita dal 2017 in poi, come mostrano i dati relativi a 2018, 2019 e quelli dell’anticipo 2020. Se infatti vendite e readership sono in netto calo la crescita dei contributi è un altro elemento che contrasta con la realtà, e dimostra come e quanto sia inadeguata l’attuale legislazione al riguardo. Legge alla quale, guarda caso, la maggioranza degli italiani si dichiara contraria.
Insomma, un panorama davvero a tinte fosche comunque lo si guardi. Fatto di autoreferenzialità e richiami alla “democrazia” tanto vaghi quanto inutili per un comparto che sforna un prodotto che interessa sempre meno ma non cambia per una ostinata resistenza all’innovazione che non si riscontra in nessun altro settore, neppure nei più “tradizionalisti”, e calanti, come ad esempio quello delle bevande alcoliche. Se certamente non c’è da brindare al riguardo, forse non resta che berci su, per continuare nel parallelismo.
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