La “Connected TV” in Italia

Harris Interactive, per Magnite, la più grande piattaforma di advertising lato vendita indipendente del mondo. ha condotto uno studio su oltre 10 mila persone tra Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito, a ottobre e novembre 2020.

La ricerca di Magnite sull’ascesa della TV connessa in Europa è fondamentale nel fare capire ai marketer l’importanza di catturare l’attenzione degli spettatori negli ambienti in cui gli spettatori stessi guardano i contenuti.

L’ampia adozione della CTV in Italia è in linea con la media per i 5 Paesi UE considerati. L’83% della popolazione utilizza un servizio di streaming almeno una volta alla settimana, con il 52% che ne utilizza uno quotidianamente. Ciò non concerne solamente i servizi SVOD: i nostri dati dimostrano che la copertura settimanale dei servizi AVOD, pari al 60%, non si distacca eccessivamente da quella degli SVOD. Questo considerevole numero di utenti contribuisce a spiegare la quantità di tempo trascorso guardando i contenuti in streaming rispetto alle emittenti tradizionali: i risultati mostrano che il 51% di tutto il tempo trascorso guardando la TV è dedicato ai canali di streaming.

Secondo lo studio, il 50% delle audience televisive si rivolge prima ai canali di streaming piuttosto che alla TV generalista. Tuttavia, se si osserva il comportamento per fascia di età, tale preferenza diventa ancora più pronunciata: per il 64% dei Millennial e della Generazione Z è più probabile che ci si rivolga in primo luogo direttamente ai canali di streaming.

Il 57% degli intervistati sceglie la connected TV [CTV] come servizio predefinito perché propone i suoi programmi preferiti, mentre il 62% sceglie la CTV perché è più probabile trovare qualcosa da guardare. Nel complesso, è più probabile che gli spettatori di CTV scelgano lo streaming per via della sua qualità e della migliore esperienza pubblicitaria rispetto alla televisione tradizionale.

Oltre alla qualità dei contenuti, il fattore principale di preferenza sui contenuti è il desiderio di scoperta e la creazione del proprio canale personalizzato. Gli spettatori sono guidati da un desiderio di “essere i primi”, con il 75% che desidera scoprire cose nuove, il 72% entusiasta dei contenuti originali esclusivi, e il 59% che utilizza la propria lista di contenuti da vedere per andare direttamente ai propri programmi preferiti. Il gran numero di contenuti disponibili consente di scovare perle nascoste, programmi che non sono presentati a un pubblico di massa, ma sono piuttosto a disposizione di spettatori alla ricerca di qualcosa che si adatti ai propri gusti personali.

Benché i servizi SVOD senza pubblicità siano estremamente popolari, le persone stanno aggiungendo servizi AVOD per aumentare le proprie opzioni di programmazione. Il passaggio a servizi Free Ad Supported Service [FASTS], come Pluto TV [lancio previsto nel 1° trimestre 2021] e Rakuten TV, è un’opzione interessante per le persone alla ricerca di ampie librerie di contenuti gratuiti. Se interrogati su cosa ne pensano di pubblicità in cambio di canoni di abbonamento ridotti, l’88% ha risposto che preferisce guardare la pubblicità in cambio di abbonamenti gratuiti o a costo inferiore.

Per quanto concerne il targeting, la privacy delle persone rimane una priorità sia per gli advertiser che per i consumatori. La sensibilizzazione del pubblico in materia di tutela della privacy nella raccolta di dati personali ha fatto nascere il GDPR, e lo scetticismo intorno al livello di conoscenza del loro comportamento online da parte dei marketer è ancora motivo di preoccupazione per molti.

Nonostante questi timori, gli italiani vogliono pubblicità che siano pertinenti per loro. Se interrogati su quale tipo di pubblicità sia accettabile, l’80% degli intervistati risponde di volere pubblicità pertinenti ai loro interessi e hobby, e il 67% dice che vanno bene pubblicità legate a qualcosa che hanno cercato online. Rispetto agli altri quattro Paesi inclusi nello studio, l’Italia vanta i più alti livelli di accettazione della pubblicità personalizzata. I dati e il targeting saranno essenziali per sbloccare il potenziale della CTV in Italia.

Le persone condividono contenuti che possono interessare i loro pari e indicano che sono pienamente coinvolti nello spirito del tempo, ottenendo like, follower e coinvolgimento sulle piattaforme social. In questo ambito la CTV ha un considerevole seguito social tra gli spettatori, in particolare tra la Generazione Z e i Millennial. I comportamenti sociali che guidano gli spettatori di CTV includono il desiderio di “essere al corrente” ed essere parte del confronto popolare. Insomma, la CTV è una valuta sociale. Aspetto che certamente ne favorirà ulteriormente l’adozione da parte delle persone.

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Se questa è la sintesi di quanto emerge dall’analisi sulla domanda di CTV, sul tema arriva  la ricerca “Future of CTV Advertising in Europe” e il focus della stessa sul mercato italiano che fotografa la situazione attuale e i possibili sviluppi dal punto di vista pubblicitario.

Il mercato è agli albori e sono emerse tre tipologie di CTV. In primo luogo le offerte delle emittenti nazionali che dominano attualmente la spesa con le loro soluzioni di Addressable TV basate sullo standard HbbTV – in particolare quella di Sky Italia – e le emittenti free to air che stanno recuperando rapidamente terreno con soluzioni targhettizzabili quali la sostituzione dinamica degli spot nel flusso di streaming e che oggi offrono una bassa percentuale di inventory digitale CTV al di sotto della doppia cifra.

I vendor di hardware e tecnologia costituiscono il secondo attore dell’attuale attività di acquisto. Le agenzie hanno perseguito un approccio di test ed esplorazione, cominciato due anni fa con Samba TV ed esteso recentemente per includere Samsung Ads. Sono, infine, attive sul mercato offerte di piattaforme come YouTube, che assicurano tassi di visualizzazione decisamente elevati su CTV.

Il programmatic non fa attualmente parte dell’offerta CTV delle emittenti e costituisce una piccola parte dell’inventory residua, eppure, sullo sfondo, la supply si sta già preparando per un futuro in tale direzione, una volta che il mercato sarà maturo. Diversi attori sono in fase di selezione dei fornitori o hanno già completato la prima shortlist, mentre l’alfabetizzazione tra le emittenti è elevata.

Le agenzie, dal canto loro, vedono nel programmatic CTV advertising un driver inevitabile per sbloccare il potenziale dei dati. Riconoscendo la necessità lato supply di proteggere la propria inventory, considerano il programmatic principalmente un’infrastruttura su cui condurre targeting e misurazione.

Un altro passo importante per la crescita del mercato sarà quello di risolvere la frammentazione delle definizioni. I broadcaster stanno già intensificando gli sforzi per fornire un ambiente più facile da navigare, una sorta di “linguaggio comune” che consenta di stabilire chiare regole d’ingaggio per gli acquirenti al fine di garantire che il processo d’acquisto di CTV advertising sia il più possibile privo di attriti.

Insomma, per dirla in una battuta, la TV è “morta”, evviva la TV connessa.

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