Dai tempi dello “scandalo” di Cambridge Analytica in poi non è praticamente passato giorno senza che giornali, televisioni e tutti gli altri “Legacy media” ci spiegassero quanto e come Google e Facebook in particolare, ma anche altri OTT, fossero invasivi nei confronti delle persone, di tutti noi. E come questo rappresentasse un pericolo per la privacy e quant’altro.
Già all’epoca avevamo [di]mostrato come i siti di news fossero zeppi di tracker, e come questo ovviamente avvenisse anche per quanto riguardava quelli del nostro Paese, esemplificando, dati alla mano come d’abitudine, l’architettura di base del sistema di tracciamento del sito d’informazione con la maggior audience in Italia: Repubblica.
La questione torna ora di cocente attualità. Infatti, «Questo sito richiede l’autorizzazione per tracciarti attraverso app e siti web di proprietà di altre società / Questi dati verranno utilizzati per mostrarti annunci pubblicitari mirati» è la notifica pop-up che apparirà presto all’apertura di molte app per tutti gli utenti di iPhone.
La prossima versione del sistema operativo mobile iOS 14, che dovrebbe essere distribuita nell’autunno del 2020, afferma di proteggere meglio la privacy degli utenti mobili dando loro la possibilità di scegliere se e quando i loro dati possono essere raccolti. Anno dopo anno, Apple ha fatto di questo argomento uno dei suoi tratti distintivi e un argomento commerciale contro il suo grande rivale: Google.
Su iOS 14 i produttori delle applicazioni dovranno chiedere agli utenti il permesso di utilizzare il loro IDFA [ID for Advertisers], un codice casuale che Apple associa a ogni dispositivo. Anche se non consente di risalire direttamente all’identità di un singolo utente, l’IDFA può essere utilizzato per rintracciare le sue attività attraverso le applicazioni e personalizzare quindi i banner che vengono visualizzati, sulla base dei gusti e delle cose che ha fatto online l’utente.
Facebook afferma che le app che utilizzano la sua rete pubblicitaria potrebbero vedere un calo dei ricavi del 50%, quando iOS 14 richiederà agli utenti di attivare la condivisione delle informazioni sul proprio dispositivo. E gli editori?
Stando ad un studio diffuso da Google l’effetto di disabilitare i cookies di terze parti potrebbe generare un calo dei ricavi per i publisher che si attesterebbe mediamente ad una perdita del 64% rispetto ai valori attuali.
Anche lo studio del professor John Deighton della Harvard Business School, pubblicato a Febbraio 2020, ha rilevato che la personalizzazione contribuisce per miliardi di dollari alle entrate degli editori. Gli editori e le aziende indipendenti del “web aperto” che dipendono dalla tecnologia di questo perderebbero tra i 32 ed i 39 miliardi di dollari di entrate annuali entro il 2025 solo negli Stati Uniti.
Da 24 a 29 miliardi di dollari di entrate annuali degli editori verrebbero probabilmente assorbiti da walled garden di Google, Facebook e Amazon, e da altre aziende leader in settori come le telecomunicazioni che detengono archivi di dati proprietari e sono vicini a diventare essi stessi walled garden.
Attualmente il settore editoriale utilizza i dati per modellare il rapporto tra contenuto gratuito supportato da pubblicità e contenuto in abbonamento, e la pubblicità mirata riduce lo spreco di inventario.
Lo studio, pubblicato da IAB, dettaglia il funzionamento dell’ecosistema “ad tech”, come mostra l’immagine sottostante, esemplificando concretamente cosa succede attualmente, grazie a cookies di terze parti e tracking quando un brand, un investiore pubblicitario decide di mostrare un annuncio ad una persona che sta visitato il sito web di un publisher.
L’impatto delle modifiche in arrivo non sarà percepito in modo uniforme da tutti gli editori, ma potrebbe essere particolarmente significativo per i publisher per i quali ha un peso importante il programmatic o/e hanno un gran numero di utenti di app per iPhone.
L’editore di DMG Media, gruppo che controlla Daily Mail e MailOnline, ha lasciato intendere che le entrate generate dall’app per iPhone di Mail Online potrebbero diminuire del 75%. Ha aggiunto che ciò potrebbe portare il Mail Online a cancellare la sua app Apple, che attualmente attrae 1.2 milioni di utenti al giorno, costringendo i lettori ad accedere ai contenuti tramite il suo sito web.
Anche Julia Beizer, che dirige il digitale per Bloomberg Media, ha sottolieato che: «Vogliamo tutti creare un Web migliore e protetto dalla privacy. Ma distribuirlo senza consultare il settore significa che stai chiedendo agli editori di sopportare il peso dei peccati della tecnologia pubblicitaria. Il che non è giusto».
Per contro Rebecca Grossman-Cohen, a capo delle partnership strategiche per il Times, afferma che la mossa crea «una certa perdita» di entrate pubblicitarie, ma sarà “minima”. Dice che Apple ha sostanzialmente accelerato una decisione che il Times avrebbe comunque raggiunto.
Stando ai risultati di un sondaggio di Tap Research, l’85% degli intervistati ha affermato che se vedesse il pop-up che sarà presente a breve nella propria app preferita, selezionerebbe «Chiedi all’app di non monitorare».
Insomma, appare chiaro che i media temono che il cambiamento nel sistema operativo di Apple possa danneggiare le raccolta pubblicitaria in un momento già critico per il settore, ed è molto probabile che questo avvenga, almeno nella fase iniziale del cambiamento. Appare altrettanto chiaro che mentre gridavano al lupo al lupo contro Google e Facebook in buona sostanza utilizzavano lo stesso sistema.
- Libero è il Quotidiano nel Quale gli Italiani Hanno Minor Fiducia - 14 Giugno 2023
- DigitalMente - 28 Aprile 2023
- Gli Utenti degli OTT in Italia - 26 Aprile 2023