L’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni [AGCOM] ha rilasciato in questi giorni l’Osservatorio sulle Comunicazioni 2/2020. Tra i tanti dati d’interesse, come sempre contenuti, abbiamo estrapolato quelli relativi alle vendite di copie [cartaceee e digitali] e quelli sull’andamento dei prezzi di vendita al pubblico delle copie cartacee, che contengono anche un interessante confronto europeo.
Per quanto riguarda la vendita di copie, in confronto a Marzo 2016, a Marzo 2020 complessivamente si registra un calo di oltre un milione di copie, con i volumi di vendita che quasi si dimezzano [-42.9%].
Soprattutto, le copie digitali risultano in netta flessione se consideriamo l’intero periodo [-28.1%], e l’incremento rispetto ai valori di Marzo 2019 [+0.6%] non solo è trascurabile di per sé stesso, ma lo è ancora di più se consideriamo che gli italiani chiusi in casa, allarmati dalla pandemia, hanno letteralmente assaltato i siti d’informazione, con un boom di audience senza precedenti.
Moltiplicarsi di contatti che, oltre ad aver fruttato poco, o nulla, in termini di raccolta pubblicitaria, non hanno generato alcuna conversione di abbonati alla versione digitale dei giornali che, appunto, sono cresciuti di sole mille unità. Un “tesoretto” di contatti gettato al vento.
È dunque di riflesso evidente che esista un serio problema di concezione di prodotto che va completamente riconcepito, senza disperdere risorse in restyling tanto frequenti quanto inutili, come abbiamo avuto modo di dire più volte.
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Se questa è la, tragica, situazione della vendita di copie, il confronto a livello europeo delle variazioni dei prezzi dei quotidiani offre ulteriori elementi di riflessione.
Infatti, mentre mediamente nella UE27, negli ultimi dodici mesi, i prezzi di vendita al pubblico dei giornali sono aumentati del 4%, e in Germania addirittura del 5.1%, in Italia invece vi è stato un aumento medio solamente del 1.2%.
Dinamica che si acuisce ulteriormente osservando il trend negli ultimi cinque anni. Nel periodo dal Marzo 2015 al Marzo 2020 i prezzi dei quotidiani sono aumentati del 17.3%, e nel Regno Unito di ben il 25.7%, mentre nel nostro Paese l’aumento è stato solamente del 5.8%.
Elementi che già amergevano dal consueto rapporto annuale sull’editoria del centro studi di Mediobanca, e che ora vengono, appunto, confermati da AGCOM.
Si tratta di dinamiche che abbiamo evidenziato da tempo, ottenendo lo stupore, tra gli altri, di Marco Travaglio. E che evidenziano quanto approssimativa, diciamo, sia la gestione del portfolio prodotti per la maggior parte degli editori di quotidiani.
Infatti, è uno degli elementi basici del marketing che quando il ciclo di vita di un prodotto è calante, come lo è assolutamente quello dei quotidiani, il prodotto è “cash cow“. Da mungere per generare risorse da allocare altrove.
La domanda è ormai relativamente inelastica. Da un lato la sempre meno folta schiera di “amatori” ha una abitudine talmente consolidata da poterli paragonare ai fumatori da un certo punto di vista. Inoltre, pur a fronte di un prevedibile calo delle vendite, questo calo non sarà proporzionale all’aumento di prezzo essendo la domanda, appunto, relativamente inelastica.
Quindi tra possibile ulteriore calo della vendita di copie ed aumento di prezzo, anche a fronte della riduzione di costi per la stampa e distribuzione di meno copie, il vantaggio in termini di ricavi è assicurato. Non implementare, come è avvenuto sinora, i possibili, e doverosi, aumenti di prezzo, è l’ennesimo errore strategico degli editori, che a cascata ricade su tutta la filiera “tradizionale” editoriale.
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