Circa un mese fa abbiamo documentato l'[im]par condicio dei telegiornali durante la “fase 1” della pandemia evidenziando, dati alla mano come d’abitudine, quale sia il penoso stato della par condicio nel nostro Paese, ed anche del giornalismo televisivo.
Ora l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni [AGCOM] ha reso disponibili i dati relativi al pluralismo politico/istituzionale in televisione nel periodo 1/31 maggio 2020. Dati che ci consentono di approfondire ulteriormente la questione.
Maggio è stato il mese della “fase 2”, ma anche, tra le altre cose, della liberazione, tra mille polemiche, di Silvia Romano, del duro confronto tra governo centrale e regioni, e del “caso” Open Arms. Mentre a livello internazionale, dopo la morte del 46enne afroamericano George Floyd, le strade d’America sono state scosse [e lo sono ancora] da movimenti di protesta, scontri con la polizia, coprifuoco in 25 città.
In tutto questo i telegiornali RAI e Mediaset, ma anche dei programmi “extra-TG”, hanno continuato a dedicare oltre la metà del tempo al coronavirus, con punte sino al 60% del tempo per alcune emittenti, come mostra l’infografica sottostante.
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In questo contesto prosegue la tendenza iniziata a Marzo dell’occupazione televisiva da parte di Forza Italia che per il terzo mese consecutivo resta il partito politico con il maggior tempo di antenna. Ovvero il tempo complessivamente dedicato al soggetto politico-istituzionale dato dalla somma del “tempo di notizia” [tempo di notizia: indica il tempo dedicato dal giornalista all’illustrazione di un argomento/evento in relazione ad un soggetto politico/istituzionale] e del “tempo di parola” [tempo di parola: indica il tempo in cui il soggetto politico/istituzionale parla direttamente in voce] del soggetto stesso, dei principali partiti del nostro Paese. Quindi il dato più completo tra quelli che fornisce AGCOM.
In particolare sono, ovviamente, i telegiornali delle reti Mediaset a dedicare il maggior tempo al partito fondato nel 2013 da Berlusconi, con un tempo di antenna che è circa il doppio di quello dedicato al secondo.
Non stupisce dunque che le performance sui social del leader di Forza Italia siano le più scarse rispetto agli altri leader di partito. Evidentemente, quando uno possiede delle televisioni, a torto o a ragione, ritiene che gli sia sufficiente un’occupazione bolscevica degli spazi d’informazione per ottenere consenso.
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Complessivamente, sommando il tempo d’antenna di tutti i telegiornali dei diversi broadcaster, alle forze politiche all’opposizione va il 54.5%.
È interessante anche notare come, nonostante il Ministro della Salute, Speranza, sia inevitabilmente un protagonista di questi tempi caratterizzati dalla pandemia, e, come abbiamo visto, i telegiornali abbiano dedicato anche a Maggio ampio spazio al tema, Liberi e Uguali abbia pochissimo spazio a disposizione, rispetto altre forze politiche, da parte di tutte le emittenti televisive.
Insomma, che la par condicio fosse una chimera era già emerso chiaramente, e purtroppo ne abbiamo conferma. Così come abbiamo altrettanto conferma di quale sia lo stato dell’informazione televisiva nel nostro Paese.
I dati [ripro]pongono però anche il tema del conflitto di interessi. Questione mai risolta davvero che, una volta definito il piano di azione del Governo per uscire al meglio possibile dalla crisi socio-economica scatenata dal coronavirus, sarà bene che venga affrontata per non trovarci anche l’anno prossimo a constatare a cosa serva avere delle televisioni.
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