Abbiamo partecipato con piacere e interesse alla cerimonia di avvio del percorso degli Stati Generali dell’Editoria di un paio di giorni fa.
Senza nulla togliere agli altri relatori intervenuti durante la tavola rotonda che è seguita all’apertura fatta dal Premier, Giuseppe Conte, e del “padrone di casa”, del Sottosegretario Vito Crimi, ci ha colpito in particolare l’intervento di Giovanna Maggioni, attuale Direttore Generale dell’Upa, e le poche, ma ficcanti, parole di Ferruccio Sepe, capo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria che moderava il dibattito, tanto da “tagliare” i loro interventi dal video di tutta la tavola rotonda per evidenziare le loro parole.
Sepe infatti ha ribadito come, tra le altre cose, i quotidiani abbiano un problema di pricing, e di riflesso di posizionamento, come emerge, anche, dalle ricerche sul tema, e come abbiamo avuto modo di dire circa tre anni orsono.
A questo fanno seguito le parole della Maggioni, che segna la distanza tra la cultura manageriale degli investitori pubblicitari e il vecchiume dei publisher, e spiega quello che andiamo ripetendo da tempo sulla totale inadeguatezza delle concessionarie di pubblicità rispetto alle attuali esigenze delle aziende che comunicano sulla carta stampata e sui siti web degli editori di quotidiani.
Nello specifico il Direttore uscente di Upa, inizia affermando che «[…] ho sentito che si parla della pubblicità come di una torta quando in realtà si tratta di un investimento […] che deve rendere». Affermazione apparentemente tanto banale quanto in realtà, naturalmente, assolutamente puntuale visto l’orientamento di alcuni degli altri oratori. Proseguendo nell’affermare che «[…] la pubblicità oggi non è fatta solo di numeri, quindi di copie vendute, e di numero di lettori, ma anche di dati […] questo perchè la gestione dei dati da parte delle aziende, che le porta a scegliere la pubblicità su interessi del consumatore, su momenti di vita del consumatore che vanno al di là del puro numero economico[…] e qui si gioca molto la sfida del futuro, l’innovazione che sta portando spostamenti negli investimenti pubblicitari». Per poi concludere, dopo aver citato il “Libro Bianco della Comunicazione“, in riferimento alla forza vendita delle concessionarie degli editori, che «[…] troppo spesso ci troviamo con interlocutori che non riescono a rispondere alle esigenze delle aziende[…]. Non abbiamo mai visto nessuno del mondo dell’editoria, e soprattutto delle concessionarie di concessionarie iscriversi a corsi di formazione».
Insomma, mese dopo mese i ricavi pubblicitari dei publisher si assottigliamo sempre di più e, dopo dieci anni che hanno portato al dimezzamento dei ricavi in quest’area, gli editori di quotidiani, e periodici, mandano ancora in giro venditori di riquadri, di pixel, e non consulenti di comunicazione in grado di supportare le aziende nei loro obiettivi. Situazione sulla quale si ritiene di intervenire con provvedimenti criminali invece di costruire per il futuro [re]inventando il proprio modello di business.
Il ruolo di centri media, agenzie e multinazionali del web, sistemi di rilevazione “audi”, tutela e garanzia degli investitori pubblicitari, è uno dei cinque temi, delle cinque aree di sviluppo, degli Stati Generali dell’Editoria, e pare ce ne sia davvero un gran bisogno.
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