Il Foglio ha pubblicato la lettera del Senatore Andrea Cangini, Responsabile Cultura di Forza Italia, ed ex Direttore del Quotidiano Nazionale e Il Resto del Carlino, fortemente deluso dalla bocciatura della sua proposta di emendamento per consentire ai 18enni di spendere il bonus cultura anche per riviste e giornali, commentando che «Chi sceglie di trasformare la stampa in un valore negoziabile non ha fino in fondo a cuore la parola libertà».
Del giornale in questione non esistono dati ADS sulle vendite, così come non esistono dati ufficiali sugli accessi al proprio sito web, nonostante goda, in maniera artificiosa, come vedremo, di sostanziosi contributi pubblici diretti da anni, che sarebbe interessante, diciamo, capire su che basi siano stati erogati in assenza di dati.
Dal 1997, pochi mesi dopo il suo lancio, Il Foglio diviene organo della “Convenzione per la Giustizia”, movimento politico fondato dai parlamentari Marcello Pera [Popolo della libertà] e Marco Boato [Verdi] così da beneficiare dei finanziamenti pubblici ai giornali di partito, secondo quanto previsto dalla Legge 7 marzo 2001, n. 62, in materia di “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416.”.
Per continuare a beneficiare dei contributi statali per l’editoria dopo le modifiche introdotte alla legge di riferimento, nel 2001 la gestione del quotidiano è affidata a una cooperativa creata ad hoc di cui è Presidente Giuseppe Spinelli, ragioniere “di fiducia” di Berlusconi, balzato agli onori delle cronache per un sequestro lampo dai contorni oscuri, , soprattutto, per il suo coinvolgimento nelle inchieste sulla prostituzione minorile a carico del Cavaliere.
Al riguardo, intervistato da Bernardo Iovene per una puntata di Report dedicata ai finanziamenti, l’allora Direttore, Giuliano Ferrara, nel 2006, dichiarò candidamente che «[…] un terzo dei soldi vengono dalle vendite,un terzo dalla pubblicità, naturalmente ci aiuta un po’ Berlusconi, nel senso che la Mondadori ci ha fatto un contratto con le anticipazioni, insomma uno di quei contratti di favore anche finanziari che ci permette di vivere abbastanza tranquillamente, naturalmente anche dal secondo anno della fondazione il contributo dello stato con il trucco della famosa convenzione per la giustizia che era un trucco». Proseguendo, «Beh un trucco, la legge dava una possibilità e noi l’abbiamo sfruttata, un trucco nel senso che non eraun vero partito, avevamo chiesto a due amici Marcello Pera che faceva parte di Centro Destra senatore e Marco Boardi deputato del Centro Sinistra, due persone amiche, due lettori del giornale di firmare per il giornale, abbiamo fatto questa convenzione». Per poi concludere che fosse «Un escamotage legale,perfettamente legale».
Successivamente, nel 2015, in un’audizione alla Camera dedicata sempre alla questione dei finanziamenti pubblici ai giornali, Giuliano Ferrara disse che «Fondammo il Movimento per la Giustizia con i parlamentari Marcello Pera e Marco Boato. Dal ’98’-’99 cominciammo ad avere bilanci in pareggio, perché il giornale era gestito con molto parsimonia». Puntualizzando: «Ci sembrava che non ci fosse niente di cui vergognarci».
Il Foglio avrebbe, il condizionale è d’obbligo, una diffusione media giornaliera sulle 25 mila copie, ma non è dato di conoscerne le vendite.
A consuntivo del 2018, il giornale comunica ricavi al rialzo del 15% in edicola e in crescita del 28% negli abbonamenti digitali. Come termine di confronto, il 2017 è stato archiviato in utile di 11.4 mila euro e con un fatturato complessivo sui 4.8 milioni di euro [di cui quasi 2 mln dalla vendita del quotidiano, 408.7 mila euro dagli abbonamenti digitali e oltre 1.3 mln dalla pubblicità tra carta e web, rispettivamente curata dalle concessionarie Manzoni e Moving U].
Di fatto Il Foglio, grazie appunto a quelli che vengono definiti apertamente degli escamotage, continua ancora oggi a ricevere finanziamenti diretti dallo Stato [aka soldi nostri]. In totale, come mostra l’infografica sottostante, il giornale, ora sotto la direzione di Claudio Cerasa, ha incassato la non modica cifra di oltre 54 milioni di contributi.
Insomma, non esattamente un pulpito dal quale dare lezioni su libertà, trasparenza ed onestà, diciamo, quello del Foglio che, appunto, sfruttando le pieghe della legge, è riuscito ad incassare nel tempo, come abbiamo visto, una considerevole somma di danaro, del quale non esiste rendicontazione, di cui non si conosce l’utilizzo.
Astuzie, per così dire, che naturalmente, purtroppo, non sono appannaggio solamente della testata in questione, come abbiamo ampiamente documentato nel tempo in questi spazi.
Stando soltanto ai dati relativi al 2017, ultimo anno del quale esiste la rendicontazione dei contributi diretti erogati, sono almeno altre cinque le testate che hanno utilizzato escamotage vari per ottenere stanziamenti statali a loro favore.
Come mostra l’infografica sottoriportata, si tratta di Libero, al quale abbiamo dedicato una “radiografia” ad hoc, Italia Oggi, di fatto di Class Editori, Il Corriere di Romagna, che ha una partecipazione sostanziosa [49%] da parte di Gedi SpA, La Provincia, che fa parte di un gruppo di testate locali controllate dal Gruppo Sesaab, e Il Secolo d’italia, che dal 2012 ha cessato la produzione cartacea, per continuare a esistere solo come testata giornalistica sul web, eppure continua a ricevere, non si capisce a che titolo, contributi alla stampa.
Il confondere la libertà di stampa con la libertà di “fregare” lo Stato, e dunque noi tutti, è il peggior attacco alla libertà d’informazione. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
Dal 1987 in poi é stato responsabile del marketing e dell’organizzazione commerciale di grandi imprese [Star, Giuliani, Bonomelli].
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