Dopo aver visto i volumi di vendita dei primi quattro quotidiani per vendite (esclusi gli sportivi, ma va detto che nella “top 4” sarebbe entrata la sola Gazzetta dello Sport) guardiamo come sono andate le vendite di altre quattro importanti testate quotidiane: Avvenire, Il Giornale, Il Fatto Quotiano e Libero.
Per le solite precisazioni su voci e metodologia utilizzata vi rimando al precedente articolo. Quindi vediamo i dati:
Avvenire
Il quotidiano della Cei è quello con i volumi di vendita maggiori tra questi quattro giornali con un totale di 20,3 milioni di copie tra gennaio e agosto di quest’anno (quindi oltre 10 milioni sotto il volume di vendita del Sole 24 Ore che dei “top4” era quello con vendite minori). Le copie medie del periodo sono 98.570 e scendono, per la prima volta, sotto quota 100 mila. Ma bisogna dire che poco cambia nel raffronto di questi dati con quelli dell’anno precedente che erano rispettivamente 20,8 milioni il volume di copie vendute e 101.344 le copie medie. Una variazione in negativo del 2%, che risulta nel confronto anno su anno minore del -5% del 2017 sul 2016, e in linea con le flessioni degli anni precedenti (tranne quella del 2016 anno nel quale Avvenire era riuscito ad aumentare i volumi di vendita).
Il contributo alle vendite delle copie digitali per Avvenire è praticamente nullo: varia da un 0,1% del 2013 allo 0,6% del 2018 con, ovviamente, un peso della carta che supera di qualche decimale il 99%.
Il Giornale
Il quotidiano fondato da Montanelli si attesta su un volume complessivo di vendite di 13,4 milioni di copie che corrispondono a 55.978 copie medie, un valore che scende per la prima volta sotto quota 60 mila(nel 2013 le copie medie del periodo erano 120 mila). Il differenziale con lo scorso anno è -8% nettamente inferiore a quello del 2017 che sul 2016 aveva avuto una flessione del 18%. Per il Giornale è la prima flessione sotto il 10% dopo molti anni.
Il peso delle copie digitali anche per Il Giornale è irrisorio, la carta sulle vendite pesa in questi anni il 97%.
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Il Fatto Quotidiano
Le vendite del Fatto tornano a crescere: il volume del venduto dei primi otto mesi del 2018 infatti è superiore del 2% rispetto a quello del 2017 (che a sua volta registrava un +1% sul 2016). Complessivamente 9,6 milioni di copie vendute tra gennaio e agosto per una media ad uscita nel periodo di 46.700 copie.
Per il Fatto, come detto, si conferma per il secondo anno vendite in salita seppure live ma che interrompono una flessione che per tre anni – dal 2014 al 2016 – è stata a doppia cifra (nel 2013 i volumi di venduto erano stati di 13,5 milioni di copie). C’è da dire che per il Fatto il digitale è particolarmente importante. Il peso delle copie digitali sul volume complessivo di venduto è passato dal 17% del 2013 a il 24% di quest’anno. Praticamente una copia su quattro venduta è digitale, un caso unico nel panorama italiano non solo in questo campione di testate.
Libero
Anche Libero come il Fatto torna a crescere: il volume delle vendite, tra gennaio e agosto di quest’anno, è di 6,6 milioni di copie che corrispondono a una media di 27.489 copie vendute ad uscita ovvero il 4% in più rispetto ai volumi del pari periodo 2017. C’è da dire che Libero in questi anni ha subito un ridimensionamento delle vendite anche del 39% in una sola annualità (nel 2013 il volume di vendite era 18,7 milioni, quasi tre volte superiore a quello di oggi, quindi). Le copie digitali per Libero pesano poco o niente visto che il “valore” della carta sulle vendite è del 97%.
C’è da dire che La Verità, la testata diretta da Belpietro che indubbiamente ha influito sul calo di vendite di Libero e Giornale ha raggiunto un volume nei primi otto mesi di quest’anno 4,7 milioni di copie e 21.631 copie medie. Valori però in calo rispetto allo scorso anno del 2%.
Guardando complessivamente la questi dati la buona notizia è che si conferma la tendenza, già vista nei numeri dei “top 4”, di una frenata della flessione di vendite rispetto allo scorso anno, con addirittura un segno positivo per Fatto e Libero. La cattiva, come si può facilmente vedere dai grafici, è che i numeri di cinque anni fa (comunque anni già pesantemente colpiti da crisi di vendite) erano ben altri, in alcuni casi il confronto sul lungo periodo parla chiaramente di un ridimensonamento radicale.
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