DigitalMente

“DigitalMente”, rubrica settimanale che ogni Venerdì prova a fornire spunti e appunti su digitale e dintorni per riflettere a tutto campo su innovazione e digitale. Oggi abbiamo scelto di parlare di il giornalismo nell’era digitale.

Questo il titolo della ricerca pubblicata in questi giorni da L45, agenzia di PR, che ha condotto uno studio teso a comprendere come i giornalisti economico-finanziari utilizzino la Rete e i social. I risultati, che sono il frutto delle risposte da parte di 150 giornalisti che hanno questa particolare specializzazione, sono d’interesse sia per comprendere il rapporto tra digitale e questo specifico segmento della nostrana popolazione giornalistica, che per capire come entrare in relazione con loro se, come nel nostro caso, ci si occupa di comunicazione.

Secondo quanto emerge, naturalmente l’online è parte integrante della professione giornalistica con il 94% degli intervistati che svolge sempre, o spesso, ricerche online in fase di preparazione degli articoli. Di questi l’82.6% lo fa visitando i siti web aziendali, e il 75.8% leggendo articoli realizzati da altre testate. Decisamente più contenuto invece l’uso dei social, che nella fase di pre-produzione vengono utilizzati da circa un quarto [24.2%] degli intervistati. Un dato quest’ultimo che, nella nostra interpretazione, denuncia come vi sia ancora oggi una carenza di cultura, e di mezzi, su come i dati non strutturati presenti sui social possano essere di estremo interesse, anche, nella preparazione di contenuti giornalistici.

La conferma arriva dal fatto che il 91.9% dei rispondenti afferma di utilizzare i social per lavoro, con un forte sbilanciamento rispetto alla media della popolazione italiana in termini di presenza su Twitter [81.8%] e LinkedIn [88.5%]. È proprio LinkedIn la prima fonte di notizie, con il 40% dei giornalisti che lo utilizza in tal senso, seguito da Twitter [28.3%] e Facebook [20%]. Dati che ci dicono, appunto, come, e quanto, l’uso dei social si limiti alla ricerca di contenuti “standard”, già predisposti, siano questi testuali, o immagini e video, ma si sia ancora molto distanti dal fare data mining sulle piattaforme social, come del resto avviene anche più in generale.

LinkediIn infatti riveste un ruolo centrale nelle relazioni tra giornalisti economico-finanziari e aziende con il 76.9% degli intervistati che usa questa piattaforma social per parlare con i responsabili aziendali. È invece Facebook il social più utilizzato per parlare con altri giornalisti [39.7%], ed anche quello più utilizzato in generale per lavoro [59.3%].

Sotto il profilo delle media relation, dunque la prima azione di base è la cura della propria identità digitale da parte dei brand, delle aziende.  Sito web, pagine social media aziendali, profili social delle spokeperson, e tutto ciò che è totalmente o in parte controllabile della propria digital foot print, deve essere, anche, “journalist ready”.

L’attivazione sul sito di una area media 2.0, integrata con i social media aziendali e la produzione contenuti, diventa uno strumento imprescindibile. È un hub che facilita la fruizione di contenuti da parte dei giornalisti. A conferma di quanto sia vero, come dicevamo di recente, che il comunicato stampa è “morto”.

LinkedIn, come abbiamo visto, è il primo social media dove i giornalisti trovano notizie e il primo canale di dialogo con i responsabili comunicazione aziendali. Avere una pagina aziendale e un profilo personale costantemente aggiornati è ormai fondamentale anche in un’ottica di media relation. Twitter continua ad essere un canale ampiamente usato dai giornalisti. È essenziale esserci e monitorarlo, insieme agli altri social media, per intercettare e gestire eventuali criticità e opportunità.

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