Si è tenuto, Venerdì 13 Luglio scorso, Comunicare Domani, l’annuale evento di ASSOCOM, l’associazione di categoria che rappresenta e promuove le aziende di comunicazione. Nel corso dell’evento sono state fornite le stime sugli investimenti pubblicitari elaborate dal Centro Studi ASSOCOM con uno sguardo al trend dal 2001 all’anno in corso e al futuro prossimo per poter delineare i trend degli investimenti pubblicitari nel nostro Paese.
La stima di chiusura per il 2018 è di una crescita del totale degli investimenti pubblicitari del +1.9%, ma il consuntivo a Maggio, al netto degli investimenti – stimati – su search social, registra un calo del 1.4%, mentre per il 2019 la stima è, al ribasso, di un +1.3%.
Di fatto, come abbiamo documentato nel tempo, inclusivi delle stime per search a pagamento e al netto delle stime relative ai social ads, gli investimenti pubblicitari in Italia calano dal picco massimo del 2007 di circa dieci miliardi di euro ai 7.4 miliardi del 2017, lasciando sul terreno attorno a 2.6 miliardi di euro [-26%].
Importo che guarda caso, diciamo, coincide con le stime di Nielsen relative al 2017, secondo le quali due miliardi 357 milioni di euro sarebbero stati investiti in social advertising, che presenta il maggior tasso di crescita rispetto al 2016 nel mix di investimenti pubblicitari digital.
Per quanto riguarda la distribuzione dei mezzi, infatti, se nel 2017 il digital rappresentava il 25,8% del mercato, nel 2018 arriva al 27.2% e nel 2019 la stima prevede si superi la soglia del 28.5%. Nel mondo digitale il formato che cresce senza soste è il video per il quale si prevede un’ascesa dal 7.4% dell’anno corrente al 9.7% dell’anno venturo del totale degli investimenti media italiani. Piuttosto equa la suddivisione tra video, display e search all’interno del
comparto online.
Se il digitale sale, a soffrire maggiormente sono i quotidiani che passano dal 7% del 2017 al 5.6% del 2019 passando per il 6.3% del 2018 [pesavano il 18.7% nel 2001 e il 15.1% nel 2008]. La TV resta nel breve periodo i media che raccoglie la quota maggiore di investimenti pubblicitari, ma, secondo le proiezioni, nel 2019 dovrebbe scendere sotto la soglia, mantenuta negli ultimi quindici anni, del 50%.
Finché non vi era alternativa ad andare a caccia di un passerotto con un bazooka, ovvero di sparare nel mucchio sperando di colpire la porzione di pubblico desiderato, gli investitori hanno dovuto far di necessità virtù, ma oggi che non è più così, che esistono assolutamente mezzi e modalità per approcciare le persone in maniera diversa, è chiaro che i motivi per investire su mezzi che offrono segmentazioni basate su criteri obsoleti e le cui metriche sono, quantomeno, opinabili, è evidente che le aziende decidano di pianificare sempre più altrove, su altri mezzi, a cominciare da social e video advertising.
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