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Una selezione ragionata delle notizie su media, giornalismi e comunicazione da non perdere, commentate.

  • Comunicazione interna – Di comunicazione interna si parla molto poco, troppo poco. Nell’epoca in cui le imprese potrebbero, e dovrebbero, far leva, anche, sulla employees advocacy, costruire un terreno fertile allo scopo, attraverso la comunicazione interna appunto, diviene fondamentale. Al riguardo davvero interessante quanto realizzato da Comer Industries, multinazionale con 1.400 dipendenti sparsi nel mondo, Italia inclusa. L’azienda ha lanciato “Comer App”, un’applicazione che può essere scaricata su qualunque smartphone e mette in comunicazione, in tempo reale, tutto il personale in qualunque sito produttivo sparso per il mondo si trovi, anche quando una buona parte di loro non lavora davanti a un PC. Comer Industries, grazie a questa applicazione, potrà dialogare in modo puntuale e in tempo reale con i suoi collaboratori, che ora potranno essere raggiunti direttamente e in modo personalizzato. I lavoratori, terminato il turno di lavoro, si sono recati nell’area “formazione” da dove, attraverso un monitor, sono state spiegate le modalità di accesso a “Comer App”: eventi e news, peopole, gallery, hr portal, social Comer e easy. Così tutti i dipendenti di Comer nel mondo sono stati coinvolti in un inedito evento digitale per la presentazione dell’App ed hanno potuto scaricarla, ovviamente, gratis. Grazie all’app il personale avrà accesso alla rubrica aziendale, all’aggiornamento in tempo reale riguardo a news ed eventi, alla visualizzazione della busta paga e richiesta ferie e permessi, ed anche alla possibilità di condividere parte della vita aziendale sui social, il dialogo che i singoli dipendenti avranno con Comer Industries diventerà dunque decisamente più efficace. Prendere nota, prego.
  • Macedonia di notizie false – La fabbrica mondiale delle “fake news” si trova alle porte dell’Europa. In Macedonia, per la precisione. La cittadina di Veles ospita una vera e propria industria di false informazioni diffuse da siti Internet che hanno captato una audience molto importante, inizialmente grazie a falsi account Facebook e Twitter, creati anch’essi, quasi certamente, nella città della ex Yugoslavia. Secondo un’inchiesta realizzata dalla Cnn, non solo i falsi siti hanno permesso ad alcuni dei loro editori di guadagnare fino a 2.500 dollari [circa 2 mila euro] al giorno, ma vengono organizzati anche corsi a pagamento che insegnano le tecniche per creare i profili di personaggi immaginari. Uno degli insegnanti, Mirko Ceselkoski, ha spiegato alla Cnn che nella cittadina c’è una grande comunità di giovani che non hanno niente da fare. Ceselkoski promette loro una retribuzione mensile di circa un migliaio di euro. Il docente ha detto di avere almeno un centinaio di allievi che hanno realizzato falsi siti di informazioni sulla politica Usa. Per contrastare questi meccanismi perversi, Google e Facebook hanno messo a punto delle soluzioni per smascherare i falsi siti e gli account immaginari. Ma le tecniche evolvono e gli “esperti” macedoni sperano di aggirare i controlli per proseguire nel loro lucrativo commercio di fake news. Uno scenario nel quale la responsabilità individuale diventa l’unico antidoto. Non a caso il recente rapporto degli “esperti” UE sul tema, alla fine, punta sull’autoregolamentazione. Se, come pare davvero, in realtà sono gli esseri umani, le persone, tra i quali molto spesso i giornalisti stessi, e non i BOT, i principali diffusori di notizie false, spesso per quello che viene comunemente chiamato confirmation bias, sarà un percorso lungo e difficile. Speriamo non impossibile, senza dimenticarsi naturalmente che l’emergenza fake news è una fake news.
  •  Identikit dei “crowd workers” – Vengono chiamati crowd workers e sono il frutto della tecnologizzazione e digitalizzazione del mercato del lavoro. La Feps  – Foundation for European Progressive Studies – ha studiato il fenomeno dei crowd workers e ha prodotto un report che, partendo da un sondaggio, ha considerato il fenomeno in sette Paesi Europei: Italia, Germania, Regno Unito, Svezia, Paesi Bassi, Austria e Svizzera. Il crowd working è una definizione che comprende tutti quei lavori che prevedono una disintermediazione dei rapporti di lavoro, lo spazio e i tempi superando il dualismo tra lavoro precario e lavoro a tempo indeterminato. È un’altra cosa. Il classico lavoro “crowd” è, per esempio, quello offerto da Foodora o Deliveroo. Con il crowd working si lavora quando si vuole, per quanto tempo si vuole, spesso però a condizioni d’ingaggio miserevoli come noto. Tra le nazioni prese in considerazione è proprio l’Italia il Paese con la maggiore percentuale di crowd workers: sono il 5.1% del totale dei lavoratori. Il 23% ha tra i 35-44 anni, il 22% è nella fascia 25-34 e il 21% tra i 45 e 54; sotto i 24 anni e più dei 55 sono il 17%. Dati che la dicono lunga su come si tratti in realtà di un ripiego alla strutturale carenza di lavoro, con buona pace di coloro che inneggiano in maniera fideistica [e talvolta in malafede] alle meraviglie dell’innovazione dei modelli di business che il digitale consente. Creare modelli di business basati sullo sfruttamento delle persone non mi pare esattamente cosa di cui vantarsi, no?
  • Su YouTube raddoppiano le campagne made for digital – Nel 2017 è raddoppiato rispetto all’anno precedente il numero dei top brand italiani che, insieme a Google, hanno sviluppato campagne made for digital pensate appositamente per YouTube. Le tre principali tendenze che si sono affermate su YouTube nel corso del 2017 sono: attenzione alla performance, importanza del branded content e video ottimizzati per mobile. Infatti proprio su YouTube vengono prese molte decisioni di acquisto, tanto che il 45% degli utenti dichiara di essere stato aiutato da un video per l’acquisto di un prodotto. nel 2017 molti brand hanno unito branding e performance su YouTube, attivando vere e proprie campagne di brandformance. Sul fronte branded content, Campari ha rivoluzionato la regola della lunghezza del video che perde di importanza perché le persone vengono accompagnate in un luogo dove è l’intrattenimento, non il tempo, ad avere rilevanza. Nel 2017 Campari ha affidato per la prima volta l’annuale celebrazione del suo brand a un video diretto da Paolo Sorrentino, con protagonista Clive Owen. “Killer in Red” ha ricevuto complessivamente oltre 20 milioni di visualizzazioni nella vesrione che supera i 13 minuti. Dopo il successo del primo anno, nel 2018 Campari ha lanciato “The Legend of Red Hand” con Zoe Saldana e Adriano Giannini, con la regia di Stefano Sollima. Solo sul hero branded video, sono state totalizzate 31 milioni di visualizzazioni. Altro esempio di successo è Yoox che attraverso la “It’s now or never“, ha proposto una serie di video interattivi, attraverso i quali era possibile acquistare una selezione esclusiva di capi e accessori unici, presentati singolarmente, una sola volta, per la durata di uno spot YouTube.  In caso vi stiate ancora chiedendo dove sono finiti, anche, gli 800 milioni di euro, pari ad una flessione del 17.8%, di calo degli investimenti pubblicitari in TV. Ora lo sapete.
  • Triboo acquisisce gli asset editoriali di Blogo – Triboo annuncia l’acquisizione degli asset editoriali di Blogo aggiungendolo al suo già ricco portfolio di testate digital. Il Gruppo Triboo ha completato l’operazione con l’intenzione di dare continuità all’ottimo lavoro di blogger e giornalisti, confermando l’ossatura editoriale e le firme che negli anni hanno conquistato un posto di primo piano anche per i Brand e per le loro esigenze di comunicazione. Blogo, infatti, continuerà, ad avere come responsabile editoriale Gabriele Capasso, che sarà coordinato da Enrico Ballerini, Chief Editorial Officer del Gruppo. «Siamo orgogliosi di aver completato questa operazione e di poter vantare tra i nostri prodotti di punta un sito così importante e che ha fatto la storia del web italiano degli ultimi anni. È un prodotto di elevata qualità realizzato da persone che lavorano con passione e grande competenza, come abbiamo avuto modo di vedere sin dalle prime ore di collaborazione», ha dichiarato Giangiacomo Corno, General Manager di Triboo Media [Triboo]. «L’operazione rientra nella strategia di potenziamento della nostra capacità di generare contenuti di alta qualità, per i lettori che leggono i nostri articoli e per i brand che, sempre più, ci affidano parte della loro comunicazione. Con l’acquisizione di Blogo, inoltre, rafforziamo ulteriormente la nostra capacità di produrre contenuti multi-piattaforma». In relativamente poco tempo dalla presentazione di istanza di fallimento, Blogo dunque riprende vita. Eppure, a leggere le assumption, ed i conti, presentati dal curatore fallimentare, personalmente non ci avrei messo un euro. Non resta che sperare che il know-how di Triboo funzioni davvero in un mercato dove fare profitti resta un miraggio per, quasi, tutti.
  • InspiringPR – Al via la quinta edizione di InspiringPR sabato 19 maggio 2018.  Nelle sue prime quattro edizioni, oltre cinquanta speaker, tra i quali il sottoscritto, provenienti dai più diversi ambiti hanno raccontato la loro esperienza per creare, insieme al pubblico [oltre mille persone] e agli amici dell’organizzazione, un’atmosfera unica, che si respira durante gli speech, le performance artistiche, il light lunch, i momenti di networking. InspiringPR è il Festival delle Relazioni Pubbliche: un momento di incontro e d’ispirazione aperto ai comunicatori e a tutti coloro che operano nelle e per le organizzazioni, pubbliche o private, profit o non profit, ma anche a chi, seppur non del settore, influenza sensibilmente la professione. L’edizione 2018 si farà energia pura grazie al tema scelto: Cambiamento. Perché ogni attività umana davvero degna ha a che fare con il cambiamento. La conoscenza è cambiamento: idee nuove che modificano quelle che già si avevano. Il lavoro è cambiamento: trovare soluzioni che incidono sulla realtà per migliorarla. Le relazioni sono cambiamento: incontrare l’altro è sempre imparare un nuovo linguaggio di un nuovo mondo.  Insieme a InspiringPR ritorna il Premio FERPI per la campagna/azione di Relazioni Pubbliche che si è distinta per la sua particolare capacità di “ispirazione”. le iscrizioni devono avvenire entro il 27 aprile 2018, inviando le candidature via mail a: award@inspiringpr.it  Possono partecipare al premio le campagne/azioni di relazioni pubbliche realizzate in Italia da aziende, enti pubblici, organizzazioni profit e non profit, agenzie di comunicazione e liberi professionisti. La selezione delle iniziative che concorrono al Premio avviene a cura e giudizio del Direttivo FERPI Triveneto, mentre la Giuria incaricata di assegnare il Premio per l’iniziativa maggiormente “Inspiring” scelta fra le tre migliori finaliste, è composta dal Comitato Scientifico di InspiringPR, del quale tra gli altri sono membro, dal Presidente di Ferpi e dal Delegato di Ferpi Triveneto [qui il regolamento completo]. Come si suol dire, save the date. Ci vediamo lì.
  •  I numeri di Aranzulla – Nel 2008 stringe una partnership con Virgilio, all’epoca primo portale in Italia, che ha ospitato il suo sito fino al Marzo 2016 [ora è legato al sito del Messaggero, come scritto con estrema trasparenza in testa all’home page del sito]. Il suo è il ventinovesimo sito più seguito in Italia con oltre 500 mila visite giornaliere e il primo tra quelli che si occupano di tecnologia, con una quota di mercato del 40%. Questo vuol dire che quattro italiani su dieci in cerca di contenuti di high-tech e informatica finiscono su Aranzulla.it. Non ci sono video, solo testi, mai troppo lunghi, pochissime immagini e pubblicità poco invasiva. Aranzulla Srl nel 2016 ha fatturato 1.3 milioni di euro e nel bilancio 2017 stima un aumento del 20 per cento. Per arrivare a un popolo digitalmente arretrato Aranzulla scrive cose semplici, in qualche caso forse banali ma chiarissime. Ai clienti potenziali che lo contattano invia prima una serie di regole: le tariffe [2.500 euro l’ora per conferenze, poco meno per un post]. Onore al merito all’amico Salvatore, e molto disonore invece ai siti web dei giornali la cui sezione tecnologia nella stragrande maggioranza dei casi sono il tripudio delle “marchette” a produttori di telefonini e videogiochi. L’ennesima evidenza, se necessario, di quanto distanti dai bisogni dei lettori siano ancora oggi la maggior parte delle testate. Amen!

 

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