La domanda posta nel titolo non è provocatoria.
Nei giorni scorsi è stata ripresa la notizia [peraltro già diffusa a giugno] secondo cui ben sette persone sono state citate di fronte al Tribunale di Brindisi: per un like, appunto, messo ad un post, ad un commento diffamatorio.
Qualche anno fa ci aveva già provato la Procura di Parma (ma non si conoscono gli esiti), mentre per fatti di presunto terrorismo la Procura di Genova ha addirittura diramato delle “direttive” per la gestione di queste situazioni [ad esempio, dei “mi piace” posti a video jihadisti].
Prima dell’estate, inoltre, ci sarebbe stata una condanna inflitta dal Tribunale di Zurigo, anche se la cronaca fa capire che non si era trattato soltanto di like.
Ecco, il punto è esattamente questo: può un solo e semplice like comportare una sanzione penale?
Premesso che, come visto, in Italia non risultano precedenti specifici, la riposta è, a mio parere, tendenzialmente negativa.
Supponiamo che il “like” sia, effettivamente, un gradimento. Cosa che non è così scontata, atteso che, nel tempo, ha preso significati molto diversi. Dunque, l’adesione, l’assenso ad un determinato scritto, anche diffamatorio, illegale in genere, può essere ritenuto punibile?
E’ chiaro – e non occorre essere un giurista per comprenderlo – che la mera approvazione rimane nell’alveo della [libera] espressione del pensiero, non costituisce vera azione illegale.
Diverso è, invece, il caso della condivisione su Facebook, analoga ad un retweet di Twitter. In questo caso l’azione è significativa ai fini della [ulteriore] diffusione, dunque si potrebbero pagare conseguenze legali.
Sennonché, ancora una volta, occorre fare i conti con le regole di Internet, dei social in genere. Infatti, sappiamo tutti – e quante volte lo troviamo indicato nei “disclaimer” degli account – una condivisione, un retweet non equivalgono ad assenso, ma sono la mera riproposizione di contenuti altrui, ai fini di discussione.
Sempre che nei tribunali la pensino allo stesso modo…
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