Negli ultimi 5 anni il mercato pubblicitario è cambiato completamente. Negli Stati Uniti ed in Europa in particolare, i media tradizionali, a cominciare dalla carta stampata, ma anche la televisione tradizionale e gli altri medium [incluso il display adv tradizionale, i banner] soffrono una crisi senza precedenti per durata e intensità.
Si tratta fondamentalmente, al di là dei dettagli, di una “nuova” ondata che dalla comunicazione pubblicitaria tradizionale, push e top down, si sposta sempre più verso quella pull, fatta di content marketing, brand journalism e tutte le altre forme e formati che mirano ad instaurare una relazione ed una conversazione con i pubblici di riferimento di brand, aziende ed organizzazioni.
Crisi alla quale infatti non sfugge neppure l’industria dell’advertising digitale che sin ora ha puntato prevalentemente su invasività, e dimensioni, crescenti, degli annunci, rendendo l’esperienza utente una somma di quadrati e rettangoli senza senso che le persone cercano di schivare ricorrendo all’adblocking e che comunque sono sempre più irrilevanti ai loro occhi.
È in questo quadro che si colloca la scomparsa, o comunque, l’estrema riduzione di dimensioni, dei player tradizionali soppiantati sempre più dal duopolio Google – Facebook, ma anche da Baidu, se allarghiamo l’orizzonte ad Oriente, ed in prospettiva da Amazon ed Apple.
Non è solo una questione di algoritimi ovviamente, ma di quanto questi siano riusciti a creare quella symbiosis che i legacy media non hanno neppure iniziato a ricercare, e i risultati si vedono.
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