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Una sele­zione ragio­nata delle noti­zie su media, gior­na­li­smi e comu­ni­ca­zione da non per­dere, commentate.

  • Considerazioni sui Mercati Online di Facebook e Google – Cosa vendono Facebook e Google? La risposta facile sarebbe “pubblicità”, ma con questa parola andiamo a definire cose che uguali non sono. Servirebbero parole nuove. Sia Facebook che Google fanno incontrare a venditori dei potenziali clienti ma G & F non sono sostituibili, se non in un ridotto numero di casi. G vende il “cosa”, F vende il “chi”. Foursquare voleva vendere il “dove”, ma non ha funzionato [forse il “dove” non può essere venduto?]. Un utente che va su google cerca attivamente una cosa in quel momento e l’offerta del venditore lo raggiunge sulla base della “cosa” che l’utente sta cercando. Un utente che sta su Facebook sta svolgendo relazioni sociali e l’offerta del venditore lo raggiunge sulla base di “chi” l’utente è, del suo profilo. Le due cose non sono sostituibili. Mettere tutto insieme, magari anche con la pubblicità in TV o nei nei treni, in una sola parola “pubblicità” allarga di molto il mercato e consente di dire che nessuno è dominante, cosa che semplifica di molto la vita ad alcuni. Sono due mercati diversi. Il mercato non è “la pubblicità”.  Riflettere con attenzione sullo spunto offerto dal sempre ottimo Stefano Quintarelli.
  • Rivolta delle Donne alla BBC – Quarantadue giornaliste e presentatrici dell’emittente pubblica britannica hanno scritto una lettera aperta al direttore generale per chiedergli conto delle vistose disparità di stipendi fra uomini e donne. E per esigere un’azione immediata. Si tratta del punto di arrivo di una polemica che divampa a Londra da mercoledì scorso, quando la Bbc ha reso pubblici i salari di 96 dipendenti che guadagnano più di 150 mila sterline l’anno, ossia più dello stipendio del primo ministro. Secondo quanto riportato, Le donne non sono tuttavia le sole ad essere penalizzate dall’emittente pubblica: il più pagato dei presentatori non bianchi non raggiunge le 300 mila sterline all’anno. E 400 dipendenti guadagnano meno dell’1 per cento di Chris Evans [il più “ricco” della BBC che sfora i due milioni di retribuzione]. Insomma, viene fuori che anche il famoso “british style” è assolutamente politically scorrect e che forse noi italiani facciamo meno schifo di come veniamo spesso dipinti. Soprattutto, chi è senza peccato scagli la prima pietra e con l’altra mano si adoperi per cessare queste disparità vergognose.
  • Il Compito dei Ranger nel Grande Parco dei Social tra Fake News e Avvelenatori dei Pozzi – Il video dell intervento di Enrico Mentana a chiusura del terzo giorno di Campus Party – l’evento internazionale più grande al mondo d’innovazione e creatività, su “il compito dei ranger nel grande parco dei social tra fake news e avvelenatori dei pozzi”. Poco meno di un’ora e trenta minuti con Mentana che spiega perchè non tutto deve essere contendibile e perchè. La sua posizione é chiara, in pratica dice «presidiamo bene la rete e i social media in particolare per evitare che diventi il luogo dei cretini». I cretini a cui fa riferimento sono quelle persone che credono alle fake news come quelle sui vaccini. Prendetevi il tempo per ascoltare la mezz’ora di speech e la successiva ora di Q&A con il pubblico. Per riflettere [e smontare le tesi di alcuni sociologi].
  • Tra Libertà di Stampa e Interessi Collettivi il Limite è Troppo Vago – Nel film del 2013 “Nothing But The Truth”, la giornalista, Judith Miller, rivela l’ identità di un’ agente segreto, Valerie Plame, e racconta che proprio costei aveva avvertito il governo che l’ Iraq non possedeva armi atomiche. Si rifiuta di fare il nome della sua fonte, viene incriminata e imprigionata. Il tema del processo è politico/costituzionale. La giornalista rivendica la tutela delle sue fonti altrimenti l’ esistenza stessa di una stampa libera, cane da guardia della democrazia, sarebbe pregiudicata. Vero, risponde il procuratore americano, ma con il limite della tutela della sicurezza dello Stato: chi ha rivelato l’ identità dell’ agente segreto costituisce una minaccia per lo Stato, è un traditore infiltrato nella Cia; questa volta ha fornito notizie a un giornale, la prossima potrebbe fornirne a un Paese ostile; deve essere identificato. In Italia la situazione è regolamentata dall’ art. 200 del codice di Procedura penale: il giornalista non può essere interrogato su quanto ha conosciuto in ragione della propria professione; ma il giudice, «se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l’ identificazione della fonte della notizia», può ordinargli di rivelarla; se il giornalista si rifiuta, la sanzione è quella prevista per la testimonianza falsa o reticente, da 2 a 6 anni di reclusione. Il problema di questa norma sta nel fatto che non vi sono limiti alla sua applicazione: è il giudice che stabilisce se avvalersene o meno, in ogni processo e per qualsiasi reato. Il problema dunque è evidente: la libertà di stampa non è incondizionata e, quando sono coinvolti gli interessi più sopra indicati, occorre valutarne, caso per caso, l’ eventuale pregiudizio e la sua concreta rilevanza. Il che, nei Paesi diversi dal nostro, dove la magistratura è controllata dalla politica, può essere preoccupante poiché, in buona sostanza, è l’ esecutivo che – prima – eccepisce la violazione delle esigenze di sicurezza e – poi – ne afferma la sussistenza nel caso concreto. In Italia, dove non solo i giudici ma anche il pubblico ministero sono autonomi e indipendenti, questo problema non dovrebbe porsi. Sta di fatto – però – che la necessità di un bilanciamento tra libertà di stampa e interessi collettivi non dovrebbe mai essere dimenticata, nemmeno nei Paesi autenticamente democratici. E un traditore all’ interno di un ente pubblico non è un pericolo trascurabile.
  • Il Business dei Big Data in Nome della Trasparenza – L’interazione sempre più intima con i dispositivi digitali rende plausibile la previsione secondo la quale entro il 2020 [vale a dire domani] saranno operativi i primi sistemi di connessione diretta uomo-macchina, immersi entrambi dentro la cosiddetta Internet delle cose, oggetti e ambienti smart, sottoposti come tutti i computer a grandi rischi per la sicurezza. Pericoli che sono tanto più reali quanto più sembra che in questo incedere delle tecnologie stiamo perdendo l’intimità e la memoria. È infatti sempre più chiaro che le generazioni abituate sin dalla nascita alla ininterrotta connessione digitale hanno «una percezione dell’importanza della privacy pressoché nulla» e questo pone milioni di persone e di strutture in balia di gruppi consapevoli e competenti di criminali informatici.  È dunque chiaro che se «nel mondo artificiale della Rete sapere non è un diritto, ma un dovere per chi vuole sopravvivere», libri come “La privacy vi salverà la vita. Internet, social, chat e altre mortali amenità” rappresentano non solo veicoli di informazione tecnologica ma strumenti di salvaguardia politica nei confronti dei gruppi economici e criminali che utilizzano le nostre inconsapevolezze a vantaggio del loro dominio. Comprato subito dopo aver letto la recensione.
  • Le Bolle & le Balle di Saviano – Roberto Saviano dalla sua rubrica settimanale su l’Espresso dopo essersi abbandonato a nostalgie di tempi che ha vissuto solo marginalmente si scaglia contro i social. Nel suo pezzo di questa settimana si legge tra le altre cose: «I social hanno azzerato ogni distanza tra il “personaggio” e le persone che hanno compreso e interiorizzato una regola aurea: l’unica interazione possibile è l’insulto. Insulto più o meno becero, più o meno volgare, ma il rapporto con chi ha visibilità passa quasi esclusivamente per una messa in discussione che prescinde dai contenuti».  Secondo Saviano, Prendersela con i personaggi noti [come lui] spesso sui social network è un modo per cercare qualche seguito altrimenti inesistente. Dall’afosa campagna del bolognese dove vive il sottoscritto si ha l’impressione che Saviano sia la caricatura di se stesso. Ormai giunto sostanzialmente a fine corsa, si ripiega su se stesso con tesi fantasiose, per usare un eufemismo, nella sua bolla. Mandatelo a ripetizione da Mentana.
  • Chi non si Adegua è Perduto – Un’indagine di Deloitte mostra come Internet abbia trasformato i consumatori e colto di sorpresa le aziende.  Perché i consumatori si vanno via via trasformando e, tra le aziende, chi non si adegua è perduto. Questa è l’opinione degli intervistati da Deloitte [che ha usato un campione di oltre 3mila persone tra italiani, tedeschi, francesi, spagnoli e inglesi]. Nove su 10 sono convinti che per via di internet le attività tradizionali saranno penalizzate. Gli italiani si fidano delle recensioni su web, quelle fatte dai “blogger” [72%]. E persino nel settore della moda il cambiamento che sta avvenendo ha qualcosa di epocale. Sette ricerche di informazioni su dieci avvengono già in rete. Al negoziante ci si rivolge sempre meno e, allo stesso modo, sono meno sfogliate le riviste. Ma tra i camerini c’è ancora un certo via vai: sei acquisti su dieci sono fatti in boutique. Ma tra vent’anni, la percentuale si invertirà.  Per le auto il discorso cambia. Ancora 8 persone su dieci, quando si tratta di comprare una macchina o una moto, la acquistano dal concessionario. Tra vent’anni invece anche in questo caso le percentuali probabilmente si invertiranno. Personalmente mi chiedo chi in occidente tra 20 anni acquisterà ancora un auto. Comunque sia una cosa è certa: chi non si adegua è perduto.

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