Le “fake news“, e il ruolo dei social nella loro diffusione, continuano a tenere banco nel dibattito tra gli addetti ai lavori, e non solo.
A metà novembre Mark Zuckerberg ha detto che solamente meno dell’1% dei contenuti di Facebook sono bufale, falsità, salvo pochi giorni dopo affermare che sta prendendo molto seriamente il problema.
Jumpshot, società statunitense che [pomposamente?] si auto-definisce il Google Analytics dell’intera Rete, ha pubblicato i dati dei visitatori unici di 20 siti di notizie che notoriamente diffondono notizie false, un noto sito di notizie di satira [The Onion], e tre siti affidabili [The New York Times, CNN e The Huffington Post] tra il 1 ° settembre e il 15 novembre 2016 per capire meglio il ruolo di Facebook nella condivisione degli articoli.
Nel complesso, emerge che Facebook come referral ha rappresentato mediamente il 50% del traffico totale di siti di notizie false e “solamente” il 20% del traffico totale di siti di notizie affidabili. Non a caso ieri è stata aperta la ricerca di un Head of News Partnerships.
Le persone usano Facebook per passare il tempo e dialogare con i propri amici, contatti. Il social più popoloso del pianeta è come la TV generalista: ci sono anche le notizie ma la gente che la accende solo per quello è sicuramente una minoranza. Normale quindi che in quel contesto primeggino, come mostra il grafico di sintesi dei risultati sottostante, contenuti di svago nella sua accezione più ampia. Il problema è che molte testate, troppe davvero, invece di differenziarsi, di trasmettere un carattere distintivo, si sono omologate al ribasso, a caccia di click, di traffico al sito.
La vita è fatta di scelte, il business anche.
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