Negli ultimi anni la questione di genere ha coinvolto anche il mondo dell’informazione in termini di linguaggio, rappresentanza e rappresentazione. Dalle parole vogliamo passare ai dati. Così abbiamo pensato di censire le direttrici di quotidiani, settimanali e mensili degli organi di informazione rilevati da ADS. Questo nostro approfondimento inizia dai quotidiani.
Dei 65 censiti da ADS sono soltanto quattro le donne al comando di una redazione e di queste una addirittura è a capo di quattro testate. Si tratta di Norma Rangeri direttrice del Manifesto, Pierangela Fiorani per Il Mattino di Padova, La Nuova di Venezia e Mestre, La Tribuna di Treviso e Corriere delle Alpi (4 quotidiani del gruppo editoriale L’Espresso), Lucia Serino per Il Quotidiano della Basilicata e Anna Mossuto del Corriere Umbria.
Ad eccezione di Norma Rangeri, nessuna altra donna dirige un quotidiano a diffusione nazionale. Dobbiamo tornare indietro a Matilde Serao che nel 1892 fonda e dirige il Mattino e, in tempi più recenti, a Pia Luisa Bianco che nel 1994 sostituisce Feltri alla direzione del Giornale (update: una collega mi segnala che in quello stesso anno era stata per pochi mesi direttrice dell’Indipendente).
Allora, dove sono le giornaliste?
Secondo i dati 2010 del Global Media Monitoring Project (monitoraggio internazionale che viene fatto ogni 5 anni e che coinvolge 180 paesi), in Italia la televisione mostra un migliore equilibrio tra le giornaliste ed i giornalisti rispetto a radio e stampa (52% delle giornaliste vs rispettivamente, il 33 e 34%). La stampa, infatti, continua ad essere il mezzo più “maschile” anche se l’aumento delle giornaliste, dal 26% del 2005 al 33% del 2010, in realtà è statisticamente significativo. Il report sottolinea un aspetto interessante. Le giornaliste predominano in due soli argomenti: scienza e salute (62%) e celebrity, cultura e sport (73%). In tutti gli altri argomenti, sono i colleghi ad avere la meglio.
Intanto, in Inghilterra pochi giorni fa la commissione Lord (qui l’articolo del Guardian e qui la relazione) ha esortato la BBC e gli altri broadcast ad aumentare la presenza delle giornaliste con misure come, ad esempio, orari più flessibili, ed ha riscontrato forti pregiudizi nei confronti delle giornaliste non più giovani. Secondo uno studio utilizzato dalla commissione, ci sono tre giornalisti nel tg di punta per ogni giornalista.
La questione non riguarda, dunque, solo il nostro Paese ed è anche molto dibattuta (a tal proposito segnalo anche questo articolo uscito su Nieman Lab e questo tradotto da LSDI). Va inquadrata in una più ampia riflessione sulla questione di genere, come scrivevo in apertura, ma è importante anche che gli operatori dell’informazione la affrontino.
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