Digital News Report 2014

Il Reu­ters Insti­tute for the Study of Jour­na­lism ha rila­sciato i risul­tati  della terza edi­zione del suo stu­dio annuale “Digi­tal News Report”, stu­dio sulle abi­tu­dini di con­sumo dell’informazione online/digitale in Europa, Ita­lia com­presa, Stati Uniti, Brasile e Giappone.

Lo studio è stato condotto tra gennaio e febbraio di quest’anno. Prende in considerazione solamente coloro che consumano informazione e che hanno accesso ad internet. Per quanto riguarda specificatamente il nostro Paese si tratta della nazione con la minor penetrazione della Rete tra le dieci prese in considerazione come mostra la sezione dedicata alla metodologia della ricerca. È esclusa quindi poco meno della metà della popolazione italiana.

All’interno del rap­porto si dedicano poche righe di focus al sistema media­tico di cia­scuna nazione. Per quanto riguarda l’Italia, i cui approfondimenti sono a cura di Nicola Bruno, si legge:

Silvio Berlusconi’s Mediaset empire operates Italy’s top private TV stations, and the public broadcaster, Rai, has also been subject to political influence. Television remains the main source of news for the bulk of the population. The Italian press is highly regionalised, reflecting the country’s history and character. Most newspapers are privately owned, often linked to a political party, or run by a large media group. Print newspaper readership figures are low compared to many European countries.

Il rap­porto si com­pone di 96 pagine. Come di abi­tu­dine, se il tema vi inte­ressa, che sia a titolo per­so­nale o pro­fes­sio­nale, con­si­glio cal­da­mente la let­tura inte­grale dello stu­dio al di là della mia per­so­nale sin­tesi ed interpretazione.

Complessivamente emerge come sia prossima una seconda ondata di trasformazione con implicazioni profonde per i player dell’industria dell’informazione.

Nonostante una crescente fruizione delle news da smartphone e tablet [il 39% delle persone utilizza almeno due device ed il 12% tre o più] l’utilizzo delle app proprietarie delle diverse testate resta assolutamente marginale.

Solo l’11% di coloro che sono interessati all’informazione – e hanno accesso alla Rete – hanno pagato per news online/digital nel 2013. Teoricamente l’Italia, dopo il Brasile, è la nazione con la maggior propensione al pagamento delle notizie; vedendo le per­cen­tuali, net­ta­mente infe­riori, delle altre nazioni si capi­sce quanto neces­sa­ria sia un abbon­dante tara­tura tra dichia­rato e realizzato. In caso di dubbi basti vedere l’andamento effettivo delle vendite di copie digitali.

L’Italia, secondo quanto dichia­rato, è tra le nazioni con il mag­gior tasso di coloro che affer­mano di aver pagato per avere infor­ma­zione in for­mato digi­tale [13%]. La stra­grande mag­gio­ranza di que­sti acqui­sta “one shot”. Ulte­riore ele­mento di rifles­sione come sot­to­li­neavo esattamente un anno fa sul «Cor­riere della Sera».

L’Italia si con­ferma essere la nazione dove il canale pri­vi­le­giato di acqui­sto dei quo­ti­diani sono le edi­cole. Il 51% delle per­sone acqui­sta il gior­nale in un edi­cola nel nostro Paese [negli USA è l’ 11%]

Pagamento Notizie

Le notizie sono sempre più unbranded e la search ed i social divengono prepotentemente la porta d’ingresso ai siti web delle testate. In Italia la search è la fonte di accesso alle notizie per il 59% dei rispondenti [ancora convinti di voler fare la “guerra santa” a Google?], i social il 34%.

Per quanto riguarda i social, si conferma come il newswire per eccellenza, Twitter, in realtà abbia un ruolo decisamente inferiore a quello che gli addetti ai lavori tendono ad attriburgli. La vera novità è WhatsApp, in particolare per l’Italia dove l’utilizzo [anche per ottenere notizie] è del 13% versus il 10% di Twitter.

Social Network for News

Insieme al Brasile è l’Italia il Paese nel quale le persone hanno una maggiore propensione ad utilizzare i social per la fruizione d’informazione. I milioni di fan alle pagine delle diverse testate, per come vengono gestiti, non servono ad altro che ad alimentare i ricavi di Zuckerberg & Co. Basti vedere, in assenza di altri dati o di uti­lizzo di piat­ta­forme spe­ci­fi­che di moni­to­rag­gio, il rap­porto tra numero di fan, pur con tutte le tara­ture sulla reach effet­tiva, e gli accessi com­ples­sivi al sito web cor­ri­spon­dente della testata o, peg­gio, la ven­dita di copie car­ta­cee, per veri­fi­care quanto labile sia la relazione.

Credo che vada com­ple­ta­mente rivi­sto, ribal­tato l’approccio. È meglio avere cen­ti­naia di migliaia di per­sone delle quali non si sa nulla, che non leg­gono e che com­men­tano a caso e fuori luogo o è meglio ridurre la quan­tità e sta­bi­lire una rela­zione, creare enga­ge­ment con coloro che interessano?

Per­so­nal­mente non credo pos­sano esserci dubbi sul pre­fe­rire la seconda scelta. Per un’ecologia dei social media ini­ziate, ini­ziamo, ad abbat­tere la fan base ed a capire cosa inte­ressa ai nostri let­tori, a misu­rare più il click trough che altri para­me­tri, a rela­zio­narci con loro, come ho già avuto modo di dire.

Social Media for News

Le noti­zie unbran­ded, senza marca distintiva, sono la derivata di una politica scellerata di gestione della marca con online che ha caratteristiche complessivamente non congrue con quelle dell’omologa versione cartacea; in particolare in Italia dove sono nette le differenze. Per un pugno di click si svende la marca. Senza brand non c’è valore aggiunto, non c’è spe­ranza di soprav­vi­venza. Non è neces­sa­rio rifarsi al mar­ke­ting 3.0 di Kotler per saperlo, sta scritto alla prima pagina del “bigino” di que­sta disci­plina. Fate vobis.

Trovare Notizie

La scheda sull’Italia, a pagina 34 del rapporto, sintetizza le principali evidenze per quanto riguarda il nostro Paese.

Top Brands News Italy

Altre sin­tesi del rap­porto vengono effettuate da Guardian [+], Poynter, Nieman Journalism Lab e BBC e molti altri ancora [ma leg­ge­tevi il rap­porto per farvi la vostra idea, eh!]

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