L’ idea grafica di DataMediaHub: crescere strada facendo

A oggi graficamente DataMediaHub è ancora in fase beta. Tutto sommato si tratta di un fatto abbastanza normale visto che dietro DMH ci sono persone che comunque hanno impegni professionali consolidati e che vivono in posti dell’Italia molto distanti tra loro.

Chiaramente esiste per DataMediaHub un progetto grafico di riferimento ampiamente discusso e condiviso nelle linee guida. Ma la priorità, dopo una lunga gestazione dell’idea editoriale, è stata di portare online e di rendere operativo DataMediaHub il più velocemente possibile anche a scapito di rimandare a una seconda fase il compito di affinare sia design che le parti mancanti dell’architettura del sito.

Si tratta di fatto di una dinamica di lavoro un poco spiazzante, specie per chi come me ha alle spalle qualche decina di progetti tra quotidiani e riviste su carta stampata, perché ribalta completamente la dinamica tradizionale del “prima prepari tutto nella miglior forma possibile, poi si parte”. Su questo punto si possono fare alcune considerazioni interessanti.

La progettazione o il restyling grafico di un prodotto editoriale destinato alla stampa è operazione complessa e laboriosa. Semplificando molto, si tratta in primo luogo di (ri)definire i criteri che guideranno la gerarchia e l’organizzazione delle notizie nelle pagine e di verificarne l’efficacia con i metodi di lavoro della redazione. In più sono necessarie sia una netta pulizia di tutte le distorsioni accumulate nel tempo, che lo studio e l’introduzione di elementi di novità per rendere evidenti il senso del cambiamento e del miglioramento. Poi (ma ripeto, stiamo semplicando) si deve affrontare l’adattamento di tutto il lavoro concettuale e di progettazione al sistema editoriale, normalmente programmi molto efficienti nella gestione dei flussi di produzione ma estremamente rigidi nelle personalizzazioni. Solo per dare una idea, si consideri che il numero di formati di titolazione da introdurre nel sistema editoriale (calcolando tutte le variabili possibili, dai titoli della prima pagina fino a quelli molto specifici per i programmi della tv, o per le tabelle della borsa o il meteo) tranquillamente supera il centinaio.

Arrivati a questo punto si è vicini alla prima prova di stampa, ma ne manca ancora di strada: è solo iniziata la fase delle verifiche. Insomma per (ri)disegnare un giornale bisogna mettere in preventivo un percorso di almeno un anno, senza considerare i tempi della decisione e, eventualmente, della scelta di un consulente che diriga o supervisioni tutto il lavoro. Il risultato finale poi dovrà avere un ciclo di vita di almeno 4 o 5 anni durante i quali saranno possibili solo piccoli interventi per eventuali miglioramenti visto che è molto difficile intervenire sul sistema industriale di produzione mentre la macchina è in movimento.

Ma un cambiamento la cui gestazione dura un anno e mezzo rischia di partorire qualcosa di vecchio, “dead on arrival” direbbero gli americani. Progettare un prodotto editioriale per il web invece è molto più agile perché si riducono drasticamente i tempi per gli interventi. Non solo, ma una volta montata una architettura funzionale del sito puoi persino immaginare di scegliere la continua trasformazione come metodo costante di lavoro e di evoluzione.

Il New York Times, tanto per fare un esempio, negli ultimi anni ci ha resi testimoni di una evoluzione costante attraverso meravigliosi esempi nati proprio dalla ricerca continuativa di nuove forme di narrazione giornalistica via web. Ecco questo è, in generale, il segno che nelle redazioni dovrebbe essere recepito con attenzione. Il web, nell’agiltà degli strumenti che offre, più che il patibolo del giornalismo tradizionale, potrebbe diventare una grande opportunità per esplorare nuove frontiere (penso al potenziale di sviluppo infinito del Data Journalism), per rimettersi continuamente in gioco e per adottare il rinnovamento come perno del proprio lavoro.

Massimo Gentile

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