La gamification è ormai una modalità sufficientemente nota, anche i giornali e le riviste di massa del nostro Paese iniziano ad occuparsene con articoli sul tema. L’applicazione delle tecniche di gioco a contesti non ludici coinvolge il marketing ma anche la gestione delle risorse umane e pure la politica.
Sono sempre più i casi di ricerca di modalità di coinvolgimento nella vita politica attraverso la gamification che, sperimentate abbondantemente oltreoceano, iniziano ad approdare anche nello scenario della comunicazione politica del nostro Paese.
Dopo il tentativo ,non esattamente azzeccato, effettuato alle ultime elezioni dalla lista guidata dall’ex Presidente del Consiglio Monti, è ora la volta del Partito Radicale. Dal 5 di agosto infatti per promuovere la firma dei 12 referendum è stato lanciato “Referendario Social”, applicazione Facebook il cui obiettivo è quello di diffondere sul social network le informazioni circa i quesiti referendari provando, il condizionale è d’obbligo, a stimolare la condivisione attraverso elementi di gamification.
Si chiede ai “referendari social” di aggiungere il badge alla propria foto profilo, condividere il link del sito, le cartoline e le notizie del blog. Il gioco prevede l’assegnazione di punti per ogni condivisione, due classifiche, una settimanale ed una globale, premi virtuali e premi reali al termine della campagna.
Se l’obiettivo è, come recita il comunicato stampa dei radicali diffuso il 5 agosto scorso, “coinvolgere i volontari che già oggi contribuiscono a diffondere le notizie sulla campagna referendaria; attrarre nuovi volontari e stimolare la loro partecipazione”, siamo, mi spiace, sulla strada sbagliata.
Da un lato infatti tutto il percorso è impostato esclusivamente sulla condivisione “social” dei contenuti escludendo qualsiasi altra possibile forma di partecipazione attiva ma, soprattutto, dall’altro lato, sono evidenti la mancanza di un percorso, di game design, limitandosi fondamentalmente agli aspetti più elementari dei meccanismi di gioco applicati a contesti non ludici ed inserendo esclusivamente quella parte che viene definita con i termini di [sigh!] badgification e pointification.
Ed il vincere badge e punti tanto per vincere stanca. Arriva un punto in cui se si continua solamente a cercare di segnare punti ci si annoia, cade la motivazione, c’è bisogno di “qualcosa d’altro”, ed è lì che fallisce “Referendario Social”. Non a caso, dopo quasi un mese dal lancio, al momento della realizzazione di questo articolo, secondo quanto viene riportato nella dashboard principale, i referendari iscritti sono in totale solo 357 ed i referendari attivi nelle ultime 48 ore sono 46 anime pie che calano a 32 considerando i referendari attivi nelle ultime 24 ore. Davvero ben poca cosa.
Come dicevo ad inizio anno, durante la mia lecture al master in giornalismo scientifico digitale della SISSA International School for Advanced Studies di Trieste, la gamification non è solo un fornire le pedine e i dadi: bisogna essere bravi a costruire il gioco dell’oca, è evidente come in questo caso l’obiettivo prevalente di comunicazione sia quello di costruire, di alimentare buzz, passaparola rispetto alle proprie proposte senza però alcun tipo, alcun criterio, di motivazione a farlo.
La badgification, pur stimolando il coinvolgimento delle persone con questo tipo di ricompense, se fine a se stessa, molto spesso rischia di creare aspettative che poi restano vuote di significato, mentre il valore aggiunto della gamification è quello di generare emozioni positive, eustress, come dice Jane McGonical in “La Realtà in Gioco”.
Proprio su le cattive applicazioni della gamification, Badgeville ha lanciato in questi giorni un “laboratorio” di monitoraggio ed analisi dei diversi casi. Io, nel mio piccolo, ne parlerò il 16 settembre prossimo venturo a Dig.it, due giornate fiorentine dedicate al giornalismo digitale, in cui terrò un mini-seminario proprio sulla gamification. Mi dicono gli organizzatori che dovrebbe esserci ancora qualche posto disponibile, se credete ci vediamo lì per approfondire.
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Ma hai letto questo mio tweet? :p https://twitter.com/darios/status/374246379549642752
No Dario mi era sfuggito
PL
Scherzo Pier, buon post, mi fa piacere che la pensiamo allo stesso modo