E’ stato pubblicato in questi giorni il “Rapporto Italia 2013” dell’Eurispes. Il Rapporto, giunto alla venticinquesima edizione, con le sue 1.000 pagine, è stato costruito, come di consueto, attorno a sei dicotomie, illustrate attraverso altrettanti saggi accompagnati da sessanta schede fenomenologiche. La scheda 41 è dedicata alle abitudini di utilizzo e consumo delle diverse tecnologie e dei diversi media.
Se molti dei dati sono la conferma di aspetti già noti nel complesso, colpisce la frequenza di fruizione dell’informazione da parte degli italiani. Infatti, secondo quanto riportato nel corposo estratto del rapporto, che si compone comunque di circa un centinaio di pagine, esiste un problema di frequenza per tutti i media.
La televisione resta il mezzo più utilizzato con solo il 7,3% della popolazione che dichiara di non guardarla mai, ma quando si passa ai telegiornali solo il 48,1% delle persone guardano un notiziario televisivo ogni giorno, il 23,1% spesso, il 15,4% qualche volta. Emerge quindi che circa il 29% della popolazione ha scarso o nullo interesse per l’informazione, per le notizie.
Per quanto riguarda i quotidiani nella loro versione tradizionale cartacea, oltre un terzo del campione [37,9%] afferma di non comprarlo mai, il 26,1% raramente, il 16,9% qualche volta, l’8,5% spesso, solo un soggetto su 10, il 10,5%, tutti i giorni.
Del 79,6% della popolazione italiana, pari a 38,4 milioni di persone, che, secondo i dati diffusi nel recente rapporto trimestrale Audiweb Trends aggiornato a dicembre 2012, che possono accedere a internet da location fisse o da mobile [smartphones , tablets ma anche, se non soprattutto, 4 milioni di internet keys, di “chiavette”], che si riducono a 28, 2 milioni [50,9% della popolazione] che hanno effettivamente utilizzato internet almeno una volta nel mese di dicembre e calano ulteriormente a 13,8 milioni di individui nel giorno medio [25,1% degli italiani], secondo il rapporto di Eurispes il 22,3% legge i quotidiani online tutti i giorni, il 21,8% spesso, il 22,8% qualche volta, il 16,5% raramente, solo il 16,5% mai.
La mia personale decodifica dei dati è che per i quotidiani sia necessario lavorare sulle “3F”:
- Frequenza
- Fidelizzazione
- Formati
Se i primi due sono aspetti che possono portare ad un risultato significativo i giornali che hanno un bacino di utenza sufficientemente ampio, il terzo può servire ad attirare nuovi lettori ed essere l’ariete delle nuove proposte per scardinare il predominio dei newsbrand di maggior rilevanza del nostro Paese. Le “3F”, così come le ho definite per sintesi, sono da sempre leve sulle quali il marketing opera in altri settori, in altri segmenti di mercato, trascurarne la portata potrebbe essere l’ennesima mossa fatale per l’industria dell’informazione.
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