Che l’esperienza di lettura digitale sia, per usare un eufemismo, ampiamente migliorabile, non è solo l’opinione diffusa di chi, a cominciare dal sottoscritto, ha sperimentato personalmente la leggerezza e la scarsa accuratezza di trasposizione al digitale della maggior parte delle pubblicazioni che nascono su carta stampata, ma anche il risultato di una recente ricerca condotta sui possessori di tablets che non solo ne denunciano i limiti attuali ma arrivano addirittura a dichiarare che in ben il 65% dei casi ritengono l’esperienza di lettura su carta più soddisfacente.
Indicazione non trascurabile alla quale si aggiungono ora, per la prima volta, i dati ufficiali delle vendite delle digital edition delle principali riviste sul mercato anglosassone. Si ha così modo di verificare che, ad esempio, «Men’s Health», la rivista più venduta in formato digitale in Gran Bretagna, ha totalizzato una media di 7,779 copie in questo formato durante il secondo semestre del 2011 contro le oltre 202mila della versione stampata.
Anche se la metodologia non consente ancora di effettuare un confronto diretto con la corrispondente versione cartacea, la distanza è talmente abissale da lasciare poco spazio a dubbi, come conferma ulteriormente, se necessario, la visione delle diffusioni cartacee di altre pubblicazioni quali, a titolo esemplificativo, «Cosmopolitan» [5,675 vs 318,511] o «GQ» [5,731 vs 99,365].
Vedendo i numeri è forte la sensazione che sin ora si sia fatto tanto rumore per nulla.
- Libero è il Quotidiano nel Quale gli Italiani Hanno Minor Fiducia - 14 Giugno 2023
- DigitalMente - 28 Aprile 2023
- Gli Utenti degli OTT in Italia - 26 Aprile 2023
E’ esattamente così. Probabilmente lo scarso successo – per ora – delle versioni digitali scontano la perfezione tecnologica dei libro tradizionale e l’abitudine. Secondo me il varco attraverso il quale questo settore potrà crescere sarà l’editoria professionale.
Forse è ancora un po’ presto per dirlo. Va osservato che manca una distribuzione consolidata e comoda per il lettore (uno va in edicola, chiede e paga; nel digitale invece bisogna fare i conti con numerosi formati, modalità punti di distribuzione). Inoltre, con l’esclusione della Gazzetta dello Sport e pochi altri, nessuna testata sembra fare grandi sforzi per costruire delle comunità di interessi e piaceri intorno alle loro pubblicazioni. Molte grandi testate (per non parlare delle tv) invece sembra che vogliano tenere i lettori a distanza, snobbandoli, non rispondendo mai online, trattandoli dall’alto in basso, ignorando sdegnosamente persino le segnalazioni di errori e refusi.
Fra l’altro, una cosa che a quanto pare ha capito solo il Fatto quotidiano: l’opportunità digitale è anche “fare comunità e promuovere abbonamenti –> al cartaceo”. La case history del Fatto Quotidiano dimostra che è possibile lanciare un quotidiano cartaceo e fare profitto, senza finanziamenti occulti o di stato (nonostante i periodici piagnistei di Liberazione e Manifesto che in 15 anni dalla rete non hanno ancora imparato niente).
Senza Internet l’esperienza del Fatto Quotidiano non sarebbe stata possibile. Il digitale NON è fare il pdf o la app del cartaceo, distribuirle a un prezzo analogo e risparmiare i costi della carta 🙂 O almeno non è solo questo.
Sinceramente, sarei stato sorpreso di leggere dati diversi da questi. La “rivoluzione digitale” è ancora in divenire e il problema non sta nei lettori ma in noi addetti ai lavori che ci facciamo un sacco di viaggi, al momento. Ci sono da stabilire modalità di condividisione e formati chiari e definiti (come giustamente dice Gianni Lombardi), non sono mica dettagli. I numeri contano, se li si analizza bene. Men’s Health è il maschile più venduto al mondo, mica solo in UK, e il loro target è molto diverso rispetto a quello di noi addetti ai lavori che ci gingilliamo sugli iPad. Partirei da qui, che ne dici? 😉
Magari è anche dovuto al fatto che chi ha la capacità reddituale per acquistare strumenti, abbonamenti ed e book è cresciuto leggendo e studiando su carta. Ed allo stato attuale la carta è più economica. Le prossime generazioni invertiranno la tendenza grazie ad economie di scala e strumenti più sofisticati. E chi avrà già investito (vedi Gazzetta) sarà in netto vantaggio