Islanda e Lussemburgo sono le due nazioni in Europa dove l”incidenza della “free press” è superiore al 50% del totale mercato.
L’ Italia si attesta su una quota del 42% contro una media europea del 27%.
Sono disponibili anche i dati relativi a Stati Uniti e Sud America per chi volesse approfondire.
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Buongiorno
guardando la classifica si nota che, a parte qualche eccezione, la free press è diffusa soprattutto nei paesi più “sfigati” economicamente. E questo può essere comprensibile.
Oltre all’aspetto della qualità economica dei paesi in questione, credo però si possa parlare anche di senso civico e rispetto per l’ambiente.
E la free press è la negazione di questi valori. Le nostre città sono invase e deturpate da distributori di tutti tipi, per non parlare dei pacchi di giornali vari abbandonati strategicamente in metropolitane, stazioni e piazze pubbliche. Con tanti incivili che, dopo aver distrattamente sfogliato questi “bollettini” per lo più pubblicitari, li abbandonano dove capita, quasi sempre in strada.
Un autentico scempio. E poi parliamo di spreco. Si stampano migliaia di copie inutili, magari con l’unico scopo di vantare tirature elevate per la vendita pubblicitaria, ma che saranno inevitabilmente ed esclusivamente un rifiuto da eliminare. Quindi costi e sprechi di produzione, ai quali vanno a sommarsi i costi di pulizia e smaltimento, questi ultimi, però, a carico della collettività.
Sia chiaro che io sono un editore di giornali venduti in edicola, quindi di parte. Ma ho sempre ritenuto che solo una cosa a cui si dà un valore sia effettivamente un valore. Il fallimento di Epolis, peraltro posticipato solo dalla sprovvedutezza (chiamiamola così…) di certi stampatori, mi ha fatto solo piacere: ma non poteva che finire così. Metro docet.
Ritornando alle osservazioni in merito quello che mi sta più a cuore, ossia al contributo al degrado delle nostre città della free press ed ai costi collettivi ad essa imputabili, ritengo che se si facessero rispettare le leggi in materia, e di conseguenza si applicassero le norme amministrative e penali, forse la free press, anche in Italia, sarebbe al livello della Germania, della Finlandia, della Svezia, e quindi dei paesi più civili ai quali dovremmo guardare chiedendoci, appunto, perché lì la free press praticamente non esiste.
Caro Paolo,
Bentrovato!
Quanto evidenzi è contenuto in questo mio articolo dell’agosto 2009:
http://giornalaio.wordpress.com/2009/08/04/dubito-ergo-sum/ in cui oltre agli aspetti che segnali rilevo anche altri “costi occulti” della free press.
Pier Luca